Sono cresciuti a pane e camorra. Seduti al tavolo della cucina a guardare fiction, mentre in soggiorno i genitori contavano l’incasso delle giornate, frutto di estorsioni e taglieggiamenti. Oggi impugnano le pistole come fossero giocattoli e non armi potenzialmente morte: sparano all’impazzata al calare delle tenebre, solitamente in aria. Ma a volte contro le serrande delle attività commerciali legate ai “nemici storici” della loro famiglia. Usano le semiautomatiche per gioco, si “divertono” a fare esplodere ordigni come hanno visto fare centinaia di volte in tv. Vogliono dimostrare che i clan, a Torre Annunziata, non sono morti. Vogliono intimidire i commercianti e lanciare “messaggi” alle forze dell’ordine del territorio, ma – alla fine – restano “solo” ragazzini. Definiti “parassiti” dal questore di Napoli Guido Marino o, più brutalmente, semplici “idioti” dal sindaco Giosuè Starita. Sono i baby boss della new generation di palazzo Fienga e dintorni, pistola in una mano e smartphone nell’altra. Feroci nelle intenzioni, ma senza l’esperienza necessaria per evitare errori a ripetizione: «Errori da principianti», come sottolineano gli investigatori chiamati a fare piena luce sull’ultimo raid esplosivo in città. L’immagine chiara arriva da una telecamera sistemata a solo un metro dal luogo del botto di sabato mattina, provocato da un ordigno lanciato contro la serranda della Caffetteria del Corso che lunedì mattina, due giorni dopo l’agguato, ha rialzato la serranda. Una notte di inferno e l’alba della nuova faida di camorra.
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