«Povero a chi a che fare con la sanità pubblica in Campania». La denuncia, forte, arriva da Luigi Merola, il prete anticamorra di Napoli al quale lo Stato, il primo marzo scorso, ha revocato la scorta. Don Luigi, minacciato di morte dai clan di Forcella, per quasi quindici anni ha vissuto in maniera blindata, protetto giorno e notte dai carabinieri. E proprio quando lo Stato ha deciso che il sarcerdote non è più “in pericolo d vita”, un brutto incidente ha messo il prete di fronte a quello che lui ha definito lo sfascio della sanità campana.
Martedì scorso, all’incrocio del museo archeologico, a Napoli, don Luigi era fermo sul ciglio della strada. Doveva andare a scuola, ma in classe non ci è mai arrivato, perché è stato travolto da un’auto. Un volo di oltre quattro metri: il sacerdote è stato sbalzato sull’asfalto, riportando la frattura della spalla e di un piede. Per almeno 40 giorni dovrà stare immobile. «Non ho perso conoscenza ma, paradossalmente, meglio sarebbe stato non ricordare niente. In quel momento è iniziata la mia disavventura. Una storia che voglio raccontare perché è profondamente ingiusto che i cittadini della Campania, a fronte delle numerose tasse che vengono loro imposte, nel momento del bisogno non possono contare su un sistema sanitario efficiente».
Don Merola viene investito e resta a terra. Un poliziotto lo soccorre e chiama il 118. «Sono rimasto sull’asfalto per 45 minuti – racconta il prete – nonostante il mio soccorritore abbia sollecitato l’arrivo dell’ambulanza. Quando i soccorsi, poi, stavano per arrivare, l’ambulanza destinata a me è stata dirottata altrove perché c’era stata un’altra chiamata al 118, per un codice rosso. Io, sempre sull’asfalto, ho dovuto attendere altri 15 minuti, l’arrivo di altri soccorritori». Don Merola racconta la disavventura con angoscia. «E’ tutto documentato», spiega.
Una volta caricato in ambulanza un nuovo intoppo. «Mi stavano trasportando al Loreto Mare – spiega don Luigi – ma i sanitari a bordo dell’ambulanza hanno saputo che in quell’ospedale la Tac era fuori uso». Disposto il cambio di rotta, il sacerdote viene trasportato al Cardarelli. «Ma è possibile – chiede e si chiede il prete – che un contribuente debba essere trattato cosi?».
Giunto in ospedale inizia la trafila, lunga, estenuante, per gli esami clinici e la diagnostica. «Che squallore – si rammarica il sacerdote anticamorra – per la diagnostica e la diagnosi sono uscito dall’ospedale alle 8 di sera. E per andare da un padiglione ad un altro del Cardarelli, visto che non c’era l’ambulanza interna, mi è stato anche chiesto se potevo andare con la mia auto. Ma come si fa a chiedere a uno che ha spalla e piede rotto di prendere l’auto? Mi auguro che nessun turista abbia mai un incidente a Napoli. Immaginiamo la pubblicità che ci farebbe».
Oltre a denunciare il malfunzionamento della sanità pubblica, don Luigi spiega che «Nessuno, tranne il Cardinale, mi ha fatto una telefonata per chiedere come sto. Questa è la dimostrazione che le istituzioni sono lontane dall’impegno sociale e dimenticano troppo velocemente chi si impegna e rischia».