«Non ho partecipato al colpo, ma conoscevo la banda. Mi promisero un borsone pieno di soldi in cambio del mio silenzio: ho sbagliato a non denunciare, chiedo scusa a Verona e agli italiani”. Pasquale Ricciardi, 41enne stabiese, si pente e lo fa attraverso una lettera scritta da una cella del carcere di Montorio. Il 15 marzo scorso fu arrestato con l’accusa di essere complice del furto messo a segno al museo di Castelvecchio il 19 novembre 2015, il colpo più grosso degli ultimi anni: sparirono 17 opere d’arte per il valore di 17 milioni di euro. Pasquale Ricciardi, originario del viale Europa, è il fratello gemello della guardia giurata di Sicuritalia che secondo gli investigatori avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel colpo. A distanza di due settimane dall’arresto il 41enne di Castellammare di Stabia, che da qualche anno lavora a Verona, ha raccontato la sua versione dei fatti. «A settembre del 2015 sono stato avvicinato da alcuni individui moldavi che mi chiedevano aiuto per effettuare dei furti in Italia, mostrandomi anche alcuni quadri di Castelvecchio. Io li avevo allontanati da quell’idea per l’assurdità del furto, e perché non potevo aiutarli in alcun modo. Loro avrebbero voluto delle chiavi per entrare di notte nel museo», ha scritto Ricciardi nella sua lettera. Insomma, il 41enne stabiese ha ammesso di essere stato in contatto con la banda che poi mise a segno il colpo a novembre. Anche se – ci tiene a precisare – di aver subito interrotto i rapporti con la banda e di aver appreso del furto solo attraverso i giornali e a quel punto deciso di contattare nuovamente il gruppo di moldavi: «Si vantarono di non aver avuto bisogno di me per mettere a segno il colpo e mi promisero un borsone pieno di soldi in cambio del mio silenzio».
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