«I figli sono sacri, lasciate in pace la mia famiglia». È il messaggio inviato da Domenico Gaudino – alias Mimì ‘a uallarella, nipote del capoclan Giuseppe Falanga – agli agenti di polizia del commissariato di Torre del Greco: una missiva dal tono chiaramente intimidatorio spedita dal carcere di Nuoro a poche ore dal foto-segnalamento di Aniello Gaudino – erede del ras di corso Garibaldi – successivamente arrestato per minacce aggravate dal metodo mafioso ai danni del “signore delle slot machine” della provincia di Napoli. Una notizia immediatamente rimbalzata dalla Campania alla Sardegna e capace di “armare” la mano del trentasettenne condannato a 12 anni di reclusione per camorra e racket, pronto a prendere carta e penna per difendere il sangue del suo sangue: «Per la seconda volta cercate di coinvolgere la mia famiglia nelle mie vicende giudiziarie – il testo della lettera spedita agli investigatori – e questa è pura cattiveria. I figli sono sacri, tanti di voi avete figli: se mi volete punire con queste cattiverie sappiate che io non sono abituato a certe cose, ma volendo posso essere il re a riguardo. Per cui, vi prego, lasciate in pace me e la mia famiglia». Il retroscena choc dell’inchiesta condotta dagli agenti di polizia diretti dal primo dirigente Davide Della Cioppa è emerso a margine del ricorso discusso dal legale di Aniello Gaudino davanti ai giudici del tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione del ventenne finito dietro le sbarre per avere costretto, in diverse occasioni, l’imprenditore del settore dei videopoker a scappare via da Torre del Greco: «Infame, devi andare immediatamente via da qui sennò non ti faccio più tornare», il tenore dei “consigli” di Aniello Gaudino alla vittima già in passato finita nella morsa del clan Falanga. Circostanze capaci di convincere l’uomo a denunciare tutto alle forze dell’ordine – due gli esposti presentati presso gli uffici del commissariato di polizia di via Sedivola, a cavallo tra il 6 febbraio e il 12 febbraio – facendo scattare le indagini concluse a metà marzo con un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ai danni dell’erede di Mimi ‘a uallarella firmata dal gip Francesca Ferri del tribunale di Napoli su richiesta del pubblico ministero Maria Di Mauro della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Proprio alla lady di ferro in grado di smantellare le tre organizzazioni camorristiche in guerra per il controllo delle attività criminali all’ombra del Vesuvio è stata trasmetta la lettera spedita da Domenico Gaudino dal carcere di Nuoro: una missiva dai contenuti agghiaccianti su cui la direzione distrettuale antimafia di Napoli vuole fare piena luce. Per capire, in primis, come la notizia del foto-segnalamento di Aniello Gaudino – eseguito il 19 febbraio, in seguito al riconoscimento effettuato dalla persona offesa – possa essere arrivata praticamente in tempo reale attraversato il mare Tirreno e, in seconda battuta, le reali intenzioni dell’ex reggente del clan Falanga. A cui, verosimilmente, a breve gli investigatori potrebbero contestare l’accusa di minacce aggravate per quel sibillino «voi avete figli e io lo so» messo nero su bianco per convincere gli agenti di polizia del commissariato di Torre del Greco «a lasciare in pace mio figlio e la mia famiglia».