«Sta venendo fuori la verità: Gino ostacolava gli affari della camorra». E’ questo il pensiero della famiglia Tommasino, espresso da Giovanni, fratello del consigliere comunale del Pd ucciso il 3 febbraio 2009. Renato Cavaliere, pentito eccellente del clan D’Alessandro ed esecutore materiale del delitto, ha raccontato che il movente dell’omicidio di Gino Tommasino era l’affare che il consigliere comunale stava realizzando per il parcheggio interrato di piazza Kennedy a Vico Equense. In particolare, i killer entrarono in azione il 3 febbraio – secondo il racconto del pentito – perché poche ore dopo Gino Tommasino avrebbe dovuto incontrare gli imprenditori Russo e Passarelli proprio per discutere dell’affare. «Dell’incontro a Vico Equense non sapevo nulla ma che due imprenditori si debbano vedere per parlare di un affare è una cosa normalissima – spiega Giovanni Tommasino – Piuttosto, da quello che ho letto, emerge con chiarezza che mio fratello viene ucciso perché non dà niente al clan. Questa è una conferma a quello che ho sostenuto fin dal primo momento: quello di Gino fu un omicidio dimostrativo». Giovanni Tommasino prova a fotografare il momento storico in cui avviene il delitto: «E‘ chiaro che la camorra volesse mettere le mani sulla gestione dei parcheggi in città e dell’intero territorio. In quello stesso anno infatti ci fu anche l’omicidio di un ragazzo alla Palombara (il riferimento è all’uccisione di Antonio Scotognella del 29 giugno 2009) – ricorda Tommasino – Il clan riteneva di essere padrone del territorio ed evidentemente il fatto che mio fratello non volesse dargli nulla dava fastidio. Con la sua uccisione, scaricandogli l’intero caricatore addosso, da quanto ho letto, volevano lanciare un segnale».
La sensazione è che potrebbe essere determinante il confronto tra i pentiti in aula per ricostruire quanto accaduto quel 3 febbraio 2009, il movente dell’omicidio e il mandante o i mandanti: «Su Gino s’è detto di tutto e di più, è stato gettato tanto fango inutile ma ora è arrivato il momento della verità – dice Giovanni Tommasino – Come famiglia rinnoviamo la fiducia nell’operato delle forze dell’ordine e degli organi inquirenti. Il dottor Siragusa (pm della Dda di Napoli) sta lavorando alla grande e sono sicuro che finalmente potrà essere fatta piena luce su quanto è accaduto».
CRONACA
27 maggio 2016
Caso Tommasino. Il fratello: “Gino ostacolava la camorra”