Sorrento finisce nelle parole del nuovo pentito eccellente del clan D’Alessandro Renato Cavaliere, killer reo confesso di diversi omicidi commessi in nome della cosca stabiese. Una città finora considerata al di fuori dalle logiche della camorra, ma su cui erano estesi gli interessi del clan di Scanzano secondo quanto emerso nella prima apparizione di Cavaliere da imputato nelle vesti di collaboratore di giustizia.
«Noi eravamo l’organizzazione a Castellammare, decidevamo chi doveva morire e tutte le cose in città e nei comuni limitrofi»- ha detto Renato Cavaliere mentre era in video-collegamento con il Tribunale di Napoli durante il processo-bis per l’omicidio di Gino Tommasino, che si è concluso l’altro giorno con la riduzione a trent’anni dell’ergastolo, incassato in primo e secondo grado, poi annullato con rinvio dalla Corte di Cassazione. L’imputato ha voluto rendere dichiarazioni spontanee dal sito riservato da cui ha assistito all’udienza. Quando i giudici della IV sezione della Corte d’Assise d’Appello del Tribunale di Napoli gli hanno chiesto di specificare quali fossero i comuni limitrofi ai quali si riferiva, Cavaliere ha elencato innanzitutto i paesi del comprensorio dei monti Lattari: «Gragnano, Casola, Pimonte, Lettere». Ma è sul finire di quella lista che è arrivata la “bomba”. «Sorrento»- ha detto in conclusione il pentito.
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