Un racconto shock, ancora da verificare ma che se fosse vero aggraverebbe la scia di morte e violenze che accompagna i viaggi dei ‘disperati’ che provano a raggiungere l’Italia. Secondo un collaboratore di giustizia eritreo, il primo pentito ex trafficante di esseri umani, i migranti che non hanno i soldi per pagare il viaggio che hanno effettuato via terra, né a chi rivolgersi per pagare il viaggio in mare, vengono uccisi e i loro organi espiantati. Queste persone, ha detto, “vengono consegnate a degli egiziani per una somma di circa 15.000 dollari. In particolare questi egiziani si attrezzano per espiantare gli organi e trasportarli in borse termiche”. Per ora, ha spiegato il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, è solo una dichiarazione resa dal collaboratore e non ci sono prove di questo tipo di reato ma intanto la rete internazionale che organizzava il traffico di esseri umani è stata sgominata. La polizia di Palermo, infatti, ha eseguito in diverse città italiane 38 fermi nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, nonché di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga, tutti aggravati dal carattere transnazionale del gruppo criminale. Nel corso delle indagini, svolte dalle squadre mobili di Palermo e Agrigento e dal Servizio centrale operativo, è stata ricostruita la struttura dell’organizzazione e sono stati individuati ingenti flussi di denaro, provento del traffico di migranti. E’ stata individuata in una profumeria di Roma la centrale delle transazioni finanziarie effettuate tramite ‘hawala’, un sistema informale di trasferimento di denaro e valori basato sulla fiducia e su una vasta rete di mediatori. Nel locale romano il 13 giugno sono stati sequestrati 526mila euro e 25mila dollari in contanti, oltre a un libro mastro con i nominativi di cittadini stranieri e utenze di riferimento. Le indagini hanno permesso di evidenziare diverse modalità utilizzate dal gruppo criminale per far arrivare i migranti sul territorio nazionale, non solo via mare, ma anche tramite falsi ricongiungimenti familiari per chi pagava di più. I fermi sono stati eseguiti nelle province di Palermo, Roma, Viterbo, Agrigento, Catania, Trapani, Milano, Lecco, Macerata e Genova. Il network malavitoso transnazionale era composto da 25 eritrei, 12 etiopi e un italiano, che ha favorito, traendone ingenti profitti economici, l’immigrazione illegale di migliaia di migranti. IL RUOLO DEL COLLABORATORE ERITREO. Di rilevante importanza per le indagini sono risultate le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia eritreo arrestato nel 2014 il quale, per la prima volta in Italia, ha fornito una completa ricostruzione delle attività criminali riconducibili ad una delle più agguerrite bande transnazionali, con cellule attive ad Agrigento, Palermo e Roma, nonché in diversi Paesi europei. E’ emerso anche che alcuni degli indagati avevano avviato una fiorente attività di spaccio di khat, importata dall’Etiopia, dimostrando una multisettorialità nelle attività illegali mai registrata prima in analoghi ambiti criminali. Nel medesimo contesto investigativo, peraltro, è stato eseguito il sequestro preventivo di alcune quote societarie e di 3 esercizi commerciali, tra cui la profumeria che, certamente, costituiva uno dei principali snodi del flusso finanziario legato al traffico di migranti. Una struttura ben collaudata, hanno spiegato i magistrati che hanno guidato l’inchiesta, anche se non è paragonabile alle organizzazioni mafiose come Cosa nostra. E il procuratore di Palermo assicura che questo è solo l’inizio: le indagini proseguono.
CRONACA
4 luglio 2016
Il racconto shock: “Li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli”