Trecento passaporti prodotti dalla Zecca dello stato finiti nelle mani di due distinti gruppi criminali. Un circuito illegale di documenti, di fatto vergini ma dotati di microchip non funzionanti, scoperto grazie alle indagini condotte dalla Polaria di Fiumicino e coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal sostituto Maria Letizia Golfieri, per il quale il gip di Roma ha emesso oggi 11 provvedimenti cautelari. I reati contestati dalla procura, a seconda delle posizioni, sono quelli di associazione per delinquere, peculato, omissione di atti d’ufficio, ricettazione, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso. Tra i soggetti raggiunti dalle misure cautelari, figurano anche Massimo Salomone, magazziniere della Zecca, il responsabile dei magazzini dell’Ipzs, Achille Pivetta e la funzionaria del Mef Maria Arrigale. Salomone è andato agli arresti domiciliari, mentre per gli altri due è stato disposto solamente l’obbligo di firma. Stando a quanto emerso dall’inchiesta, i 300 documenti di identità sottratti -parte di uno stock di 4000 destinati alla Questura di Milano- sarebbero stati immessi sul mercato illegale con un costo che poteva arrivare anche a 4000 euro ciascuno, invece di finire al macero. Una operazione che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata resa possibile grazie all’intervento di Salomone, incaricato di distruggere materialmente i documenti all’interno della Zecca, e di Pivetta e Arrigale, che invece avrebbero dovuto vigilare e attestare l’effettiva distruzione del materiale. Gli stessi documenti sarebbero poi finiti nella disponibilità di un gruppo di albanesi e di uno formato da nord-africani operanti tra Roma e Napoli (tre dei quali finiti agli arresti in carcere). Gli africani coinvolti nel traffico dei passaporti aveano contatti con Parigi, Bruxelles, la Turchia ma non sarebbero emersi collegamenti con ambienti legati al terrorismo. I documenti, infatti, sarebbero stati destinati a cittadini siriani, afghani, iraniani, ira e kenioti ma non sono stati utilizzati da terroristi islamici. L’inchiesta è scattata a partire dal maggio del 2014, quando una cittadina albanese, in procinto di partire per il Canada, fu fermata dalla polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino con uno dei passaporti in questione. Nei giorni successivi, tre cittadini siriani furono sorpresi con altrettanti passaporti fasulli all’aeroporto di Istanbul, da dove tentavano di raggiungere la Geramania e l’Olanda. Per quanto riguarda Salomone, il gip, nell’ordinanza, scrive: “probabilmente spinto dalla necessità di guadagnare per fare fronte ai debiti di gioco contratti e ad acquistare la droga (di cui risultava assuntore), ha, almeno in parte, provveduto a immettere passaporti così trafugati in circolazione dietro pagamento di una somma oscillante tra i 1600 e i 1800 euro”. Più in generale, riferendosi ai tre italiani raggiunti da misura cautelare, lo stesso magistrato sottolinea: “La non comune capacità a delinquere nella spregiudicatezza con cui gli stessi hanno operato in spregio alle funzioni a loro assegnate”. L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in una nota, ha fatto sapere che il personale coinvolto nell’indagine è stato già da tempo allontanato dal processo di lavorazione dei passaporti o di altri documenti di identità.
CRONACA
7 luglio 2016
“Passaporti italiani ai terroristi”, base oparativa a Napoli. Indagati 3 funzionari