Il patto tra politica e camorra ci fu anche nel 2015. Lo sostiene il Pm dell’Antimafia di Salerno, Vincenzo Montemurro, nell’istanza di appello al riesame contro la decisione del Gip del Tribunale di Salerno, Donatella Mancini sulla richiesta di arresto del sindaco di Scafati, Pasquale Aliberti, del fratello-imprenditore, Nello Maurizio Aliberti, e degli esponenti del clan Luigi e Gennaro Ridosso. Per Montemurro, dunque, la scelta di candidare Monica Paolino alle Regionali del 2015 fu la «ineludibile rinnovazione del patto elettorale camorristico». A ricostruire i fatti di appena un anno fa ci ha pensato Alfonso Loreto junior, il nuovo collaboratore di giustizia ed ex rampollo del clan egemone in città che continua a raccontare dettagliamente i presunti intrecci tra cosa pubblica e criminalità organizzata. Nell’interrogatorio del primo marzo scorso, infatti, ha dettagliatamente, raccontato il “sistema” dei comizi elettorali tenuti in città con l’appoggio degli esponenti del clan. E oltre a quello di Monica Paolino, svolto nei pressi dell’abitazione di Anna Ridosso (sorella dell’ultimo capo-cosca Romoletto) in via Domenico Catalano, viene tirato in ballo di nuovo il summit per sostenere la candidatura di Pasquale Coppola. Il presidente del consiglio comunale, ai ferri con il sindaco da ormai oltre un anno, all’epoca decise di tentare la scalata a Palazzo Santa Lucia forte del sostegno dell’amico-alleato Pasquale Vitiello, anche lui separato in casa con la maggioranza alibertiana. Entrambi non risultano indagati nell’inchiesta che la Procura Antimafia di Salerno sta portando avanti dal 18 settembre e che vede coinvolte 11 persone. Il racconto di Loreto junior, però, chiarisce quanto il clan ambisse a fare quel “salto sociale” a cui ambiva già Pasquale Loreto, l’ex primula rossa cutoliana e padre di Alfonso che aveva provato a dare al gruppo criminale una mentalità più manageriale.
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