Il passare dei giorni lascia trapelare un clima di tensione che non è latente. Il Consiglio Federale del prossimo 4 agosto potrebbe riservare delle sorprese. Lo scontro politico, che conduce alla elezione del presidente federale, prevista per la fine dell’anno, è evidente. Abbiamo recentemente riscontrato che il periodo della campagna elettorale è già iniziato.
Si sarebbe pertanto pensato, nelle stanze che contano, che non vi sarebbe stata occasione migliore, della prossima assise federale, per dare inizio alle ostilità. Ufficialmente. Più che presumibilmente il 4 agosto non sarà soltanto il giorno in cui verranno ufficializzati i nomi dei club ripescati. Nelle pieghe delle decisioni potrebbero esserci delle sorprese. Una linea di pensiero legata alla serie A e sponsorizzata all’interno del “palazzo”, avrebbe in animo di contestare la reale forza, il potere assunto dalla Lega Pro.
Risulterebbe infatti che Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A, si sarebbe già fatto portavoce dei sostenitori di questa tesi. La Lega Pro non sarebbe in grado, a loro dire, di esprimere un professionismo a 60 squadre. In sede di Consiglio Federale il contendere potrebbe divenire proprio questo. Si vorrebbero sollevare alcuni “problemini” legati alle infrastrutture e alla consistenza patrimoniale di alcuni club. Alla impossibilità della Lega Pro, solo per loro conclamata, di porre in atto un progetto sostenibile.
Il tentativo di “golpe” (scusate l’uso, nel calcio, di una espressione tanto forte, serve però a rendere meglio l’idea) si concentrerebbe sulla volontà di bocciare qualche club e dimostrare la indispensabile necessità di riaprire i termini dei ripescaggi. Un flop, in definitiva. Come se in tre/quattro giorni possa essere facile, per chiunque, reperire la provvista necessaria. Anche in considerazione che nessuna delle partecipati, escluse, potrebbe riavviare quel percorso.
Quello dei ripescaggi è però un falso obbiettivo. Un percorso contorto nel tentativo di sminuire il potere attualmente rappresentato dalla Lega Pro. Quell’ormai famoso 17 per cento che la terza serie rappresenta in sede di assemblea elettiva federale. Non potendo più contare sull’alleanza “macalliana”, che nell’ultima tornata elettorale risultò determinante per l’elezione di Carlo Tavecchio ai vertici della Federcalcio, si pretenderebbe di “spolpare” di un 5/6 per cento i club rappresentati da Gabriele Gravina, girandolo alla Lega di Serie A.
Questo in forza del fatto (a loro dire) che la terza serie, dagli oltre cento club di alcune stagioni orsono, è scesa , nel solo volgere di pochi campionati, ad un organico notevolmente inferiore. In virtù del quale, sempre a loro dire, non potrebbe rimanere, all’interno del sistema, con lo stesso potere.
L’avverarsi di tale situazione, con l’alleanza di altre componenti del calcio (serie B?), metterebbe i poteri forti, che intendono gestire in assoluto ed autonomamente, nelle condizioni di fare e disfare a proprio piacimento nel mondo dell’italico pallone. Non ci sarebbe più una gestione democratica del sistema. Con quale obbiettivo? Un paio di esempi. Quelli di più facile interpretazione. Mettere un proprio candidato ai piani alti di via Allegri (Carlo Tavecchio, già messo alla prova in questi due anni ed assistito da un “tutor” eccellente, nutre la fiducia di chi sta ai vertici di questo partito). Limitare, ancor più, le risorse economiche alla categoria, sino a giungere alla graduale diaspora dell’organico. Con un unico obbiettivo, la serie C in due gironi da 20 squadre. Il tutto, quanto prima possibile.
Le riunioni più o meno “carbonare” sono iniziate da tempo. Sono coinvolti anche personaggi della vecchia guardia che sperano, in questo modo, di rientrare nel giro. Tutto è comprensibile, ma tutto è anche opinabile. Gabriele Gravina non può non essere a conoscenza di questi moti “rivoluzionari” ed è chiamato ad certosino compito di arginamento.
Nel Paese dei campanili il calcio non può prescindere dai campionati di Lega Pro. L’esempio della stagione che va ad iniziare è più calzante che mai. Il novero delle squadre partecipanti ne rappresenta la certificazione assoluta. I poteri forti del calcio che va per la maggiore non possono distruggere il patrimonio rappresentato dal calcio delle province.
Vanno certamente cambiate le regole, sono tante. In taluni casi anche gli uomini. Ma non va stravolto il sistema.
Solo per far piacere ai pochi eletti del mondo del calcio. O a qualche despota!