Napoli gli è riconoscente. Dagli anni d’oro degli scudetti alla rinascita post fallimento, Pierpaolo Marino c’è sempre stato. E sotto al Vesuvio ha scritto pagine di storia, cresciuto sin da bambino con Napoli nel cuore per quell’amore trasmessogli direttamente dal padre, Ernesto. Il San Paolo ha rappresentato per lui una seconda casa, lì dove ha visto giocare i suoi campioni. Sì, suoi. Perché Pierpaolo Marino è stato uno dei primi a credere in Lavezzi e Hamsik, i due calciatori acquistati con una cifra relativamente bassa e che si sono visti aumentare il loro valore nel giro di appena un anno. Dal 2004 al 2009 ha avviato un’opera di ricostruzione che ha portato la squadra partenopea dalla C alla A in tre anni, fino al ritorno tra le grandi in Europa. Questi, però, sono anni passati per Marino. Stagioni gloriose che conserverà per sempre nei suoi ricordi. Napoli adesso sta facendo i conti con una nuova realtà e con la “fuga” dei suoi top players. Dopo Higuain sono arrivate le grane Insigne e Koulibaly ma l’ex dg del Napoli non teme l’addio dello scugnizzo cresciuto nelle giovanili partenopee: «Lorenzo lo conosco bene, è un altro calciatore della mia epoca – ha spiegato il manager a Metropolis – non penso ci sia il rischio che si verifichi un Higuain bis o che nascano problemi come con Cavani. Insigne non ha una clausola rescissoria che può permettergli di gestire tutto unilateralmente. C’è soltanto un disaccordo economico e si sta cercando una negoziazione. Insomma, è tutto più semplice. Personalmente spero che resti e che tutto si risolva. Lorenzo è un prodotto del settore giovanile, guadagnava pochissimo. Adesso ci sono altre ragioni, altri problemi esposti che non mi sembrano non corretti. Lui è napoletano, non un traditore». Pierpaolo Marino ha lasciato il Napoli nel 2009. Dopo il suo addio sono arrivate le prime clausole rescissorie. «Io sono contro questa politica – ha proseguito Marino – la prima è stata quella di Lavezzi, quando io avevo già lasciato Napoli. Sono d’accordo con Marotta che non inserisce clausole nei contratti dei calciatori della Juventus. Anzi, ha sfruttato quelle degli altri per aumentare ulteriormente il gap e indebolendo i restanti club del campionato nostrano. Le clausole attuali non sono come quelle spagnole, a cifre folli, nate tra l’altro nell’84 grazie a un decreto imposto dal re».
Marino avrebbe gestito diversamente l’operazione Higuain, così come la caccia al suo erede scattata subito dopo il passaggio alla Juventus: «Trovare un calciatore che possa garantire 36 gol all’anno, come quelli di Gonzalo della scorsa stagione, è impossibile. Non a caso il record di Nordahl è stato battuto dopo 50 anni. Gabbiadini o Icardi? Penso che Manolo e Mauro possano garantire potenzialmente lo stesso numero di gol. Il capitano dell’Inter non ha mai giocato la Champions League, col Napoli sarebbe la prima. Pertanto, parliamo di cifre folli e non sono convinto della somma di cui si sta parlando per l’acquisto dell’attaccante. Manolo lo conosco bene e potrebbe fare grandi cose. Ovviamente se poi parliamo di Benzema, giusto per fare un esempio, è un discorso completamente diverso. Tra Icardi e Gabbiadini non penso ci siano tanti gol di differenza». E tra Benitez e Sarri, Marino sceglie il secondo: «Ha indovinato il modulo giusto, il 4-3-3 è quello adatto per il Napoli. Con Rafa ci sono stati problemi per Insigne e Hamsik, i quali non si sono trovati nel ruolo che più prediligono. Ma sono d’accordo sul fatto che sia fondamentale studiare anche delle alternative, nuovi abiti tattici. Soprattutto quando l’avversario sembra aver trovato le giuste misure e la partita va in un certo modo».
Sportiello, portiere che Marino conosce molto bene, potrebbe finire al Napoli. Un affare ottimo secondo il dirigente: «E’ un grande portiere – ha spiegato – a Bergamo l’ho imposto io quando gli altri mi davano per matto. Ho rischiato e il tempo mi ha dato ragione. Ovviamente deve crescere, in A ha giocato un campionato e mezzo».
Il finale è tutto dedicato a Marek Hamsik, la bandiera che ha portato a Napoli nel 2007: «E’ un calciatore di altri tempi, di un’altra mentalità. Marek è davvero una bandiera e l’ha confermato con i fatti. Sono orgoglioso e felice di averlo portato in azzurro. Quella di Hamsik è una storia bellissima da raccontare alle generazioni future».