Si chiama Massimo Oddo, ma si legge Zdenek Zeman. la prima giornata di serie A regala al calcio italiano la conferma di quanto il talento dell’allenatore del Pescara sia qualcosa raro da trovare in giro. hanno provato tutti a scimmiottare il maestro boemo, ma Oddo è quello che, con due soli accorgimenti, ci è riuscito benissimo e non ha neanche quel Foggia con Rambaudi, Baiano e Signori che avevano corsa, fame e qualità. No, massimo Odo si accontenta di onesti calciatori, di un Caprari inventato prima punta e di un Benali che rappresenta il talento inespresso della Premier League dopo anni di Manchester City. Prima del calcio d’inizio Massimo Oddo è visibilmente commosso. Non riesce a nascondere l’emozione e asciuga una lacrima dopo essersi seduto in panchina. Da allenatore, ancora giovanissimo, è arrivato in serie A dopo una grande carriera da calciatore, con toccata e fuga a Napoli in serie B. A Pescara ha iniziato quella che sarà un straordinaria carriera e ha tolto i gradi da campione del Mondo sulla giacca per creare un gruppo di giovani che lo seguisse per andare a mille all’ora in allenamento e in partita.
In comune con Zeman ha le idee tattiche, ma non è stato mai allenato dal boemo. Da un suo seguace sì, ovvero Delio Rossi, quando era alla Lazio. Le squadre di Oddo giocano strette , hanno sempre tre soluzioni per il portatore di palla, uno che accorcia e l’altro che attacca lo spazio, mentre un compagno resta in attesa di un eventuale scarico del pallone. Si creano così quei fazzoletti di campo in cui quando un suo calciatore perde il pallone, ce n’è subito un altro che lo recupera. Rispetto a Zeman, però, c’è una differenza: i due esterni del Pescara, per caratteristiche, giocano più accentrati rispetto a come facevano Rambaudi e Signori, venendo spesso incontro al pallone e non andando nello spazio: quando lo fanno, sul taglio, è la prima punta a fargli da sponda. E a Zeman, Oddo ha anche copiato lo schieramento sul calcio d’inizio: 7 uomini sulla linea mediana pronti a scattare appena il pallone è in gioco, con il centrale che riceve palla e la lancia lunga alla ricerca della soluzione immediata. E come il maestro, anche Oddo, preso dalla sua voglia di voler vincere (anche se negli ultimi minuti passa a 5 in difesa), alla fine non riesce a mantenere il vantaggio, lasciando tutti con il più grande interrogativo di sempre: vale più l’organizzazione tattica o la qualità dei singoli?