Verona è una città stupenda. Sotto tutti i punti di vista. La Cultura, la storia, l’architettura, l’arte. L’ospitalità. Sono passati tanti campionati da quella stagione 1990 – 1991. Nonostante le mille ed oltre difficoltà di gestione salimmo in serie A. Avevamo un bel gruppo ed un’altrettanto bravo allenatore. Eugenio, detto Neno, Fascetti. La proprietà era assente, non veniva neppure allo stadio. Anche a quei tempi andavano di “moda” i fallimenti. A noi accade durante la stagione, ma avemmo ugualmente modo di proseguire, con quel sistema “dell’esercizio provvisorio”, affidato ai curatori, che nel tempo è diventato una consuetudine.
Gregori, Acerbis, Pusceddu, Icardi, Pritz, il Fanna della seconda giovinezza, come Magrin del resto. Accompagnati in avanti da Tullio Gritti (attuale secondo di Giampiero Gasperini) e Davide Pellegrini. In difesa Favero (ex Juve) ed Ezio Rossi (scuola Toro) mordevano le caviglie al mondo intero. Era l’ultima stagione di Silvano Martina, che faceva la chioccia, dalla panchina, al meno esperto Gregori.
Fascetti era l’allenatore del momento. Uno dei primi, in Italia, ad adottare la “zona”. Scherzando l’aveva definita il casino organizzato. Nonostante le tante traversie passammo una stagione stupenda.
Un pubblico ammirevole. Una “curva” eccezionale. Un muro di folla, appollaiato sugli spalti, con un tifo ed un incoraggiamento incessanti. Nelle gare casalinghe mettevano “paura” a tutti. Nelle trasferte al sud, però, avevamo poco seguito.
L’antagonismo storico più acceso era con Padova e Brescia. Ricordo passeggiammo a Barletta vincendo 5 a 1. Gritti mise in ginocchio il Pescara di Galeone con un astuto colpo di testa. Mai i tifosi provocarono disordini. Contro la Salernitana, nel girone d’andata pareggiammo due a due. Senza alcuna animosità.
Tra i granata alcuni miei ex Peppe Donatelli, Gasperini, Di Sarno. Altri li avrei avuti nelle mie squadre in seguito Rodia, Carmine Della Pietra, Efficie.
Era la stagione 1990/91 come ho accennato. Anche la Salernitana non viveva una stagione felice ed a fine anno retrocesse in serie C, battuta agli spareggi salvezza dal Cosenza.
Si viveva di un maschio antagonismo. Le partite in riva al Tirreno erano sempre combattute, senza mai trascendere oltre il lecito concesso dalla rivalità sportiva.
Andrea Mandorlini e la sua “goliardia” maleducata, inopportuna ed incomprensibile erano ancora ben lungi dal venire. Quello spareggio promozione che segnò la fine dell’era Antonio Lombardi rimarrà, in negativo, negli annali del calcio salernitano. Tutte le giustificazioni del poi peggiorarono soltanto la situazione a danno dei rapporti tra i tesserati e le tifoserie. Agli scontri ed alla guerriglia urbana seguirono condanne esemplari. L’importanza della posta in palio fece perdere la ragione a tante persone. Andrea Mandorlini, impegnandosi alacremente, ci mise del suo.
La provocazione lanciata dall’allora tecnico degli scaligeri provocò disordini sia nella gara di andata a Verona che nel ritorno in Campania. Da allora, anche se gli attori non sono più gli stessi, i rapporti tra Granata e Gialloblù si vivono in un clima particolare.
Dal quello spareggio Verona e Salernitana hanno compiuto percorsi diversi. La massima serie per i veneti, l’umiliazione dei campi di quarta serie per i campani. Si riconfronteranno domenica sera per la prima volta. Si prevede l’arrivo di un centinaio di tifosi ospiti mentre l’affluenza dei supporters granata si prevede massiccia. Anche oltre i 20mila.
Sono trascorsi più di cinque anni. La gara va interpretata per quello che rappresenta. Non è una rivincita. In assoluto. Anche Mandorlini, in fin dei conti, paga il fio dei suoi errori pacchiani, messo in disparte dal sistema.
Vinca il migliore, quindi. Vinca soprattutto lo sport, l’ospitalità e l’animo civile che da sempre contraddistingue la città di Salerno.