Il giudice ha depositato oggi le motivazioni della sentenza emessa il 15 giugno scorso: 43 condanne, pene da 20 a 14 anni di reclusione inflitte ai nuovi boss, in accoglimento delle richieste avanzate dai pm della Dda Francesco De Falco e Henry John Woodcock. Nella sentenza il giudice Quatrano sottolinea che l’obiettivo della ”paranza” era duplice: ”cacciare i Mazzarella dalle zone del centro storico di Napoli e un radicale ricambio generazionale”. ”La ‘mission’ della nascente organizzazione – scrive Quatrano – era l’estromissione dei Mazzarella dal quartiere e la ‘restituzione’ delle attivita’ illecite alle famiglie locali”. Si tratta di ”un gruppo di giovani e giovanissimi animati da una forte aspirazione di ricambio generazionale negli assetti delinquenziali e, per usare una espressione oggi in voga, da un progetto di ‘rottamazione’ dei vecchi esponenti del vertice”. I nuovi boss ”si mostrano indifferenti al tradizionale concetto di ‘prestigio’, scaturente soprattutto da una lunga permanenza in carcere, magari al 41 bis,, dall’appartenenza a famiglie camorriste e dall’esperienza di vita. I valori in cui credono i nuovi rampolli sono quelli della capacita’ e dell’efficienza, non necessariamente legati a un’eta’ matura, all’esperienza carceraria o alla tradizione familiare”. ”Perfino il look – evidenzia Quatrano – si distingue da quello del classico camorrista, e assomiglia piuttosto ai modelli che i media sociali hanno reso virali in tutte le periferie del globo, quelli, per intenderci, delle gang giovanili o dei cartelli sudamericani della droga. Modelli e stili di comportamento hanno preso qualcosa anche dall’emergere impetuoso dell’estremismo islamico, sebbene si tratti di una influenza che si e’ manifestata nell’aspetto esteriore no certo sul terreno dell’ideologia e della religione”. ”Frutto anche questo probabilmente – osserva il gup – del lavoro dei media sociali , seppure non possa forse escludersi un qualche filo piu’ sottile ed esistenziale, che lega i giovani che scorrono in armi nelle vie del centro storico di Napoli (le ‘stese’) per uccidere e farsi uccidere e i militanti del jihad. Entrambi sono ossessionati dalla morte, forse la amano, probabilmente la cercano, quasi fosse l’unica chance per dare un senso alla propria vita e per vivere in eterno”. Quatrano ricorda a tale proposito l’uccisione del boss 19enne Emanuele Sibilio, ammazzato in un agguato ”dopo una vita breve e intensissima”. ”Egli – scrive nella sentenza – e’ oggi come l’eroe eterno dei vicoli e delle stradine del centro cittadino, venerato quasi come San Gennaro, sull’altare che la famiglia ha eretto a sua memoria nell’androne del palazzo dove abitava”. Il progetto della paranza e’ ora ”in declino forse anche in seguito alla scomparsa di Sibilio”. ”La ragione principale tuttavia – afferma il giudice – del fallimento risiede pero’ nell’efferatezza del loro modo di fare, nel loro rincorrere a gesti sanguinari e violenti che li ha resi invisi, in primo luogo, agli abitanti dei loro stessi quartieri, allarmati e spaventati da questa nuova generazione di ‘guappi’, violenti e talvolta drogati, battezzata con espressione fortunata la ‘paranza dei bambini”’.
CRONACA
12 settembre 2016
Napoli. “La Paranza dei bambini voleva cacciare i Mazzarella e ama uccidere come la jihad”