Una sedia e un tavolo. Intorno il buio della notte, la più lunga della sua carriera. Tra le mani solo un taccuino e le immancabili sigarette. Ne accenderà una dietro l’altra perché l’ansia stavolta non potrà sfiorarlo solo di striscio. Maurizio Sarri la vigilia dell’esordio in Champions League l’ha vissuta in pieno, in tutte le sue sfaccettature. L’allenatore nato a Napoli – ormai non più per caso – nemmeno poteva immaginare che a 57 anni compiuti avrebbe calcato il palcoscenico più prestigioso del mondo calcistico. Questa sera si ritroverà in mezzo ai grandi, tra quegli allenatori che fino a qualche tempo fa guardava solo in televisione. «La vita è una sorpresa continua» gli ha suggerito qualche amico toscano. E questo l’ha capito bene Maurizio Sarri. De Laurentiis gli ha affidato la panchina degli azzurri la scorsa estate dopo l’addio di Rafa Benitez, una scelta che per tutti (o quasi) ha rappresentato un ripiego, una sorta di ruota di scorta. Ma a tutto questo Sarri non ci ha pensato minimamente. Anzi, ha pensato che Napoli sarebbe stata l’occasione più importante della sua carriera. Non solo s’è ritrovato come mestiere quello che per lui è la sua più grande passione ma addirittura s’è ritrovato ad allenare la squadra del suo cuore, quel Napoli per cui ha tifato dai tempi di Maradona quando a Firenze i ragazzini della sua età avevano gli occhi solo per la Viola. Tutto per merito suo. Perché De Laurentiis s’è convinto a scegliere Sarri come allenatore del Napoli dopo quella partita stravinta al Castellani, frutto di un gioco propositivo, e di movimenti e automatismi assimilati alla perfezione. Da lì l’idea che Sarri per Napoli avrebbe rappresentato l’uomo giusto. Proprio quel tecnico che per tanti era solo un provinciale, uno di quelli che non avrebbero mai potuto allenare una piazza – come quella partenopea – che vive solo di pane e calcio. Invece, “mister 33 schemi” ha zittito gli scettici e ha dimostrato che la sua lunga gavetta tra i campi di Sorrento, Avellino, Arezzo, Alessandria – giusto per citarne qualcuno – è stata un valore aggiunto per il salto di qualità. E la rivoluzione a Napoli è stata spettacolare quanto inaspettata. Sarri ha saputo consegnare alla sua squadra un’identità di gioco, continuando naturalmente quello che era stato il lavoro di Benitez. E la sua macchina – quella costruita per segnare gol a raffica – ha già garantito il calcio più bello d’Italia. Ma i tifosi vogliono di più e qualche trofeo sarebbe la ciliegina sulla torta.