Claudio Garella, per fisico e stile, era il più improbabile degli eroi, eppure nel declamare le indimenticate formazioni degli scudetti del Verona nell’85 e del primo Tricolore del Napoli nel 87 si comincia con il suo nome.
VERONA: Garella, Ferroni, Marangon, Briegel, Fontolan, Tricella, Fanna, Volpati , Galderisi, Di Gennaro, Elkjaer.
NAPOLI: Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano.
Garella era un omone che usava ogni parte del suo corpo per parare, quasi immolasse tutto se stesso per barricare lo specchio enorme della sua porta. Sgraziato, tecnicamente non esemplare è stato, però, sempre sostanzialmente efficace. Oggi sarebbe un portiere “basso” con i suoi solo 184 centimetri e sarebbe considerato “grasso” con i suoi oltre 80 kg. Questa sua “compattezza”, però, fu uno dei suoi punti di forza. Il pungente Gianni Agnelli lo definì “il più forte portiere del mondo. Senza mani, però”.
Il vero miracolo fu quello di Verona perché la squadra era composta da “scarti”, giocatori che avevano militato in club prestigiosi, spesso, senza lasciare un particolare segno. Il Napoli di Garella dell’87, invece, aveva Maradona.
Garella è stato il portiere di Osvaldo Bagnoli e di Ottavio Bianchi due allenatori caratterialmente opposti: il primo un “padre di famiglia”, il secondo un “sergente di ferro”. Eppure Claudio aveva soddisfatto entrambe le concezioni di calcio. “Paperella” (così fu soprannominato dai tifosi della Lazio) faceva spesso le “garellate”, cioè svarioni eclatanti. Il termine fu inventato dal grande Beppe Viola, un intellettuale prestato al giornalismo sportivo RAI. Tanti campionati in B e C poi Torino e Lazio in serie A prima di arrivare, passando dalla Samp, nell’Hellas di Bagnoli. Fu decisivo, al pari di Briegel ed Elkjaer. Uno scudetto tanto inatteso quanto meritato. Bagnoli seppe ottenere il massimo da giocatori che, forse, essi stessi non credevano più nelle loro qualità avendo già visto sfumare occasioni migliori. “Paperella” diventa per la stampa veronese “Garellik” un supereroe un pò goffo ma funzionale. A Napoli arriva nell’86 richiesto espressamente da Maradona. Allodi diceva “L’importante è parare: non importa come”. Scudetto e Coppa Italia nell’ 87. Fu tra i protagonisti della mai chiarita rivolta contro Bianchi con Bagni, Giordano e Ferrario. Garella e gli altri urono ceduti. Claudio finì all’Udinese in B. Poi il ritiro dopo una breve parentesi ad Avellino.
Proverbiali le sue uscite spericolate e l’uso costante dei piedi. In un Verona-Udinese para con il sedere e in un Udinese-Cremonese con una efficace rovesciata. Ad inizio carriera, ha anche segnato un gol su rigore col Casale in serie C. Nel periodo laziale, sua moglie Laura, telefonava ai giornalisti che avevano messo a Claudio un voto basso in pagella e si lamentava energicamente del trattamento riservato al marito. Quando la Lazio lo cedette alla Samp e il successivo passaggio al Verona, sembrava che avesse chiuso col calcio che conta. A Verona la rinascita. Promozione A nell’82 e Scudetto nell’85. La signora Laura, forse, capiva di calcio più di tanti “pennivendoli”.
Un portiere incostante ma vincente. Uno dei pochi ad aver vinto lo scudetto con due squadre diverse.