Lo stadio da 20 mila posti e tanti omaggi. Non è la prima volta che Aurelio De Laurentiis lancia questo messaggio. Al popolo dei tifosi napoletani di certo, ancor più alle istituzioni del calcio ed a quelle civiche partenopee. Lo ha fatto anche nella giornata odierna da Londra. Presente allo Stamford Bridge. Ha detto tanto altro ancora, oltre ad aver svelato che per il Napoli lasciò un film con Angelina Jolie.
La “considerazioni” del fantasmagorico presidente napoletano non sono mai inutili. Negli scontri dialettici con i suoi colleghi del calcio italiano non si è mai contenuto nei giudizi. Non condivide l’operato di chi lo gestisce a livello nazionale. Le sue idee innovative e rivoluzionarie non collimano quasi mai con i colleghi di categoria.
Il suo sogno, il campionato di calcio europeo. Un prodotto lautamente remunerato da giocare dalla “hit” del football internazionale, negli emirati arabi. Un circuito di grande attrazione e di ricavi stratosferici. Un sogno da giocare in periodo ristretto della stagione, senza intralciare il cammino della serie A italiana.
A quel punto, il nostro massimo campionato da giocare nel “salotto” buono di casa. Lo stadio da 20 mila posti. Con un largo spazio riservato, con ingresso gratuito, alle categorie meno abbienti. Quella del nuovo stadio è una lotta che ADL conduce da tempo immane contro la pubblica amministrazione partenopea. Il San Paolo, da anni, è divenuto un impianto inadeguato alle necessità del calcio moderno.
Il problema è che gli stadi sono obsoleti su tutto il territorio nazionale. Carenti nelle infrastrutture e nella ospitality. Impianti da …anta mila posti di capienza divenuti inidonei per la loro vetustà e per il degrado. In alcuni casi lo stato di abbandono è preoccupante. Il caso limite si registra nella Roma capitale. Lo stadio Flaminio, una bomboniera al centro dell’Urbe, è da anni reso impraticabile. Roma si può vantare di un solo impianto degno di tale nome. Lo stadio Olimpico. La Lupa Roma è dovuta esiliare a Tivoli, un comune limitrofo e la Racing Club Roma, sempre in Lega Pro, gioca nel “campetto” delle guardie carcerarie. Un impianto al limite della omologazione.
A Londra ed in Inghilterra in generale, come in Germania, gli stadi di proprietà abbondano. Sono tutti gioielli dell’architettura moderna. Oggetto di visite turistiche degli appassionati del calcio di tutto il mondo. Aurelio De Laurentis si ispira a quelle espressioni.
In Italia è però tutto difficile. Basta guardare le peripezie che sta vivendo la Roma per ottenere le necessarie autorizzazioni per costruirsi il proprio impianto. Il suo progetto si è impantanato a Tor di Valle. Ad esclusione dello Juventus Stadium, l’unico impianto italiano di proprietà, la maggior parte delle squadre di serie A e B gioca in “salotti impolverati”. In prospettiva non se ne vedono di novità. Colpa di una legge sugli impianti sportivi corretta in corsa e morta alla prova degli investimenti.
Gli esempi: il Carpi gioca in deroga a Modena, il Sassuolo si è definitivamente trasferito a Reggio Emilia, Il Frosinone sfrutta una legge del 2005 per rimanere al Matusa (non ci potrebbe essere nome più appropriato). Unico nel suo genere, che ha fatto restyling, è lo stadio Friuli di Udine. Il Milan si è tirato clamorosamente indietro. L’Empoli ha ricevuto un no secco e sonoro dall’amministrazione comunale.
Alla fine vuoi vedere che ha sempre ragione l’irascibile ADL?