Quella notte, quanti fantasmi. Dici Virtus Entella, e l’Arechi ripiomba in un incubo che aveva il nome e cognome di Simone Iacoponi. «Mannaggia lui e tutta Ponsacco», imprecò a voce alta l’allora tecnico della Salernitana, Leonardo Menichini, che quel ragazzo l’aveva visto crescere a pochi metri da casa sua, nella sua stessa cittadina della Toscana. Così, la sera d’un 2-2 arrivato all’ultimo respiro, su una “preghiera” da calcio piazzato di Troiano (i gol subiti da palla inattiva, che déjà vu) e colpo di testa del difensore dei chiavaresi, l’allenatore ch’era tornato da appena un mese sulla panchina granata finì addirittura per maledire la sua (anzi, la loro) terra natale, tale e tanta fu la paura che quella vittoria sfumata sul gong potesse rappresentare il segno della resa.
Era il primo marzo scorso, e l’ippocampo che sprofondava negli abissi della classifica non aveva alternative ai tre punti per dare un senso al ribaltone in panchina e soprattutto a quel che restava d’un campionato d’affanni e contraddizioni, eppure ancora rimediabile. L’avvio di gara era stato choc, ma la Salernitana aveva rimontato la rete di Troiano colpendo con Colombo e Bus. Non solo: si ritrovò persino con un uomo in più, per l’espulsione nel finale di Palermo. Però la Virtus Entella di Aglietti ci provò sino al triplice fischio, e trovò in quell’incornata di Iacoponi da Ponsacco il modo di gelare un Arechi quasi incredulo davanti a una beffa che scomodò la semiotica del destino. Pareva l’annuncio d’una retrocessione inevitabile.
Sarebbe andata diversamente, ed è storia nota, eppure nei ricordi di tutti, e dei protagonisti in primis, la notte di quel pareggio da brividi lasciò una cicatrice nella memoria. «Al gol del 2-2 anch’io ebbi la sensazione di non potercela più fare», ricordò Menichini dopo aver compiuto l’impresa salvezza. È passato molto recente, però basta e avanza a caricare d’un’umanissima “voglia di vendetta”, che va al di là delle pur prioritarie ragioni dell’attualità, la Salernitana che sabato, con Beppe Sannino in panchina, (ri)troverà la Virtus Entella che ora ha a propria volta un altro allenatore, il grande ex Roberto Breda.
Ché poi il conto in sospeso sarebbe ancor più pesante, aggiungendoci pure il ko del girone d’andata, il 15 ottobre del 2015. Il fluido magico dell’effimero avvio di campionato da sogno, al ritmo di samba e dei gol di Gabionetta, s’era già esaurito, e i granata si ritrovarono ad affrontare la trasferta di Chiavari assaliti dalle ombre delle prime inquietudini. Una su tutte: la staffetta dei portieri. Sette giorni prima, all’Arechi, la Salernitana era stata sconfitta dal Trapani e Terracciano l’aveva fatta grossa, “regalando” a Citro il gol più facile della sua vita. Vincenzo Torrente, timoniere fiero ma molto disorientato, dopo il 90esimo s’era affrettato a far da scudo: «Nella prossima gara giocherà ancora Pietro titolare». Detto, e non fatto. Con la motivazione/giustificazione d’un (presunto) mal di schiena che aveva colpito il numero uno di San Felice a Cancello.
Così, contro la Virtus Entella si riprese i pali Strakosha, che tanto per non farsi mancar nulla uscì maldestramente su Caputo (una “cappellata”, nonostante la spintarella dell’attaccante), mettendo sul piede di Costa Ferreira il pallone che si rivelò decisivo per l’1-0 finale. Il fatto che il portiere albanese quest’anno sia stato più d’una volta titolare in serie A, pure con buon rendimento, nella Lazio di Simone Inzaghi, resta dettaglio decontestualizzato, magari ascrivibile alla (lunga) serie d’esempi che rafforzano quella che a Salerno, storicamente e convenzionalmente, può esser definita “la regola di Borgobello” (che segnava ovunque, ma quando arrivò in granata proprio non la beccava).
A tirar le somme, una sconfitta in Liguria e un pareggio – amarissimo, quasi fatale – un girone dopo, all’Arechi. Va da sé che Salernitana-Virtus Entella di dopodomani sarà, inevitabilmente, pure l’occasione per saldare i conti, e soprattutto per dimenticare quella notte da incubo. Scacciando via gli ultimi fantasmi…