«Qui ora sto bene. C’è aria pura, anche se oggi il cielo è grigio». Parla lentamente al telefono Maria Luisa Santella, icona del cinema e del teatro italiano, che il Comune di Napoli vuole sfrattare dalla Casa-Museo di piazza Cesarea. L’attrice risiede in una tenuta sui Monti del Pollino, al confine tra Calabria e Basilicata, dove si è rifugiata insieme al compagno Michele Gentile. Una notizia, quella dello sfratto, che è arrivata a turbare ancora una volta la sua quiete di donna ormai 71enne, che vive la sua terza età tra mille difficoltà sia fisiche che materiali. «Come si fa a ricordare i morti, come Annibale Ruccello, che in questi giorni si commemora a trent’anni dalla scomparsa, e a dimenticare i vivi come Maria Luisa?», si domanda Michele. Dopo un’odissea durata 16 anni, ora il Comune di Napoli torna a bussare alla porta dell’artista, che ha lavorato con grandi registi come Ettore Scola, Giuseppe Bertolucci, Gabriele Salvatores, Mario Martone e Maurizio Scaparro solo per citarne alcuni. E le chiede di consegnare le chiavi dell’appartamento al II piano dello stabile al civico 5 di piazza Cesarea tra meno di due mesi. «Senza avere avuto la possibilità di difenderci ci è stata notificata la richiesta di riconsegna delle chiavi per il 15 dicembre con testuali parole: “Il citato destinatario è invitato a restituire le chiavi, atteso che in caso contrario si provvederà comunque alla riacquisizione dell’immobile”. Ma ora, non avendo ancora trasferito tutte le nostre cose e il nostro archivio ci viene chiesto di consegnare le chiavi immediatamente e poi magari ci continueranno a perseguitare con la richiesta di arretrati maturati sulla follia di un affitto di 4mila e 500 euro – spiegano Michele e Maria Luisa -. De Magistris è al corrente di questo scempio? Sindaco, se c’è, adesso batta un colpo perché chi tace acconsente». Alla base della motivazione dello sfratto ci sarebbe il mancato utilizzo dello spazio per le attività culturali – come previsto sin dalla prima assegnazione -: «ci accusano di averlo usato solo come abitazione privata. Senza considerare le innumerevoli attività svolte, dai laboratori, ai film girati da altri artisti a cui abbiamo sempre concesso i locali a titolo gratuito». Ma come e quando ha inizio la storia del Dream’s Theory, il centro multiculturale fondato da Maria Luisa e Michele? Tra il 1998 e il 1999 il bene viene regolarmente assegnato alla coppia di artisti con un decreto firmato dall’allora sindaco Antonio Bassolino, dove si stabilisce che – fino a quando non sarebbero iniziati lavori di riqualificazione allo stabile del ‘600 in cui si trova l’appartamento – i due non devono pagare nessun canone di locazione. Ma dal 2006 gli uffici comunali del Patrimonio iniziano ad inviare, tramite la Romeo, bollettini di pagamento con cifre altissime. «Tutto questo mentre noi avevamo ristrutturato i locali a nostre spese, sborsando circa 100mila euro ricavati dalla vendita di un immobile in Australia». E ora che è lontana da Napoli, Maria Luisa si è vista recapitare la notifica di sfratto da una casa dove c’è ancora buona parte del suo patrimonio artistico fatto di abiti di scena, cimeli e ricordi di una carriera costellata di successi. «Lo abbiamo portato qui per salvarlo», spiega Michele. Mentre lei, con la voce rotta dall’emozione, riesce ad avere un pensiero per un amico scomparso, Franco Carmelo Greco, docente di Storia del Teatro Moderno e Contemporaneo alla Federico II: «Se ci fosse stato ancora lui, le cose sarebbero andate diversamente».
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