L’incontro di Roberto Benigni con il pubblico nell’ultima giornata della Festa del Cinema di Roma è stato un lungo omaggio al cinema, ai suoi maestri, ai grandi registi che ha incontrato, primo fra tutti Federico Fellini, a quelli che lo hanno ispirato e fatto innamorare del cinema, come Chaplin, all’amico Massimo Troisi. Tra ricordi personali, spezzoni dei suoi film e tanti applausi, Benigni ha svelato un po’ se stesso, e ha rivelato che sta lavorando a un nuovo film: “Dopo tanta tv, cinema, teatro, che sono stati fondamentali, ora ho un desiderio forte, irreprimibile, di fare una cosa di un’allegria sfrenata. Ci sto pensando”. Benigni si è dilungato sul suo rapporto con Fellini, che ha definito “la vetta dell’arte moderna, come Kafka, Picasso. Aveva la capacità di far sì che il film vedesse te, ti entrasse dentro. Parlava di sé e di tutti noi, portava a galla emozioni che non sapevamo di avere”, ha detto. L’attore-regista premio Oscar con “La vita è bella” ha ricordato: “La prima volta mi chiamò nel 1980, e per 13 anni mi fece fare provini, anche se non gli servivo, mi faceva improvvisare, perché si divertiva. Aveva questa voce seducente da mago, mi ha fatto sentire al centro del suo io. Per me era come la natura, quando mi hanno detto che era morto, per me era come se fosse morto l’olio, non pensavo potesse morire”. Benigni ha parlato del film non fatto con Antonioni “Eravamo amici, lavorammo insieme a un film su San Francesco, ma purtroppo non si fece”, e dell’idea di Terrence Malick di fargli interpretare il diavolo: “Ci siamo incontrati agli Oscar, è venuto a Roma, voleva fare un film su San Pietro con me nella parte del demonio, ma è un progetto difficilissimo da montare. Siamo ancora in contatto, il progetto potrebbe andare ancora in porto”. Di Massimo Troisi ha ricordato soprattutto il rapporto d’amicizia che li legava: “Abbiamo fatto ‘Non ci resta che piangere’ per allegria: ci siamo incontrati e non ci siamo lasciati fino all’ultimo giorno. Volevamo fare il seguito del film” ha rivelato. Di un altro grande napoletano, Totò, Benigni ha detto: “Era un teschio: aveva dietro di lui tutti i morti di fame di Napoli. Era una maschera inquietante e misteriosa”. Ma è Chaplin il regista che ha portato Benigni sulla strada del cinema: “Quando ho visto ‘La febbre dell’oro’ sono uscito frastornato: decisi che volevo far parte di quella bellezza. Chaplin ha fatto diventare meravigliosi tutti gli anonimi del mondo”. L’attore-regista ha raccontato la sua amicizia con Jim Jarmush, da cui nacque “Daunbailò”, l’incontro con Walter Matthau, ma non sono mancati i racconti personali; dal primo film, “Ben Hur”, visto da dietro lo schermo perché non poteva pagare l’ingresso, all’emozione dei genitori quando lo videro sullo schermo con “Berlinguer ti voglio bene”, al sodalizio, non solo artistico, con Nicoletta Braschi: “Abbiamo costruito tutto insieme, è stata sua l’idea di produrre i nostri film – ha detto emozionato – la stimo perché è una grande attrice e lei è stata una benedizione per me: ha cambiato il mio cinema”.
spettacolo
24 ottobre 2016
Benigni: “Voglio fare un film di allegria sfrenata”