«Pioli, ve lo ricordate? È interista da sempre. Me lo disse qui, quando veniva a prendere il caffè, 10 anni fa». Il barista di Torrione ha buona memoria. Non è precisissimo sui tempi, che accorcia un po’ (d’anni ne son passati 13, non 10), però quella “confessione” dell’allora esordiente Stefano Pioli, allenatore della Salernitana al battesimo nel calcio dei grandi dopo la gavetta in Primavera con Bologna e Chievo, la rivive come fosse ieri. E la racconta orgoglioso, provando a spostar il radar dalle presidenziali americane che infiammano il dibattito popolare al bancone. Impresa dura, mentre la tv dice che “nulla sarà più come prima”. Tanto che nessuno sembra seguirlo nel suo amarcord pallonaro. «Pioli, oh… Ora l’ha preso l’Inter, la sua squadra di cui mi raccontò d’esser pure tifoso – insiste -. Possibile che me lo ricordi solo io?». Impossibile, in effetti. Ché il 51enne tecnico parmense all’ombra del Castello d’Arechi, da debuttante, ha lasciato il suo segno. E soprattutto ha spiccato il volo, verso Modena, e poi Parma, Grosseto, Piacenza, Sassuolo, Chievo, Palermo, Bologna e Lazio, sino alla Milano nerazzurra.
A Salerno, dove cominciò tutto, di sicuro non se lo scorda Eziolino Capuano, che nell’estate del 2003 s’era già idealmente accomodato sulla sua panchina del cuore. Nello Aliberti l’aveva praticamente annunciato in diretta tv. «Il nuovo allenatore della Salernitana? Ce l’ho qui accanto», disse il patron indicando il “vulcanico” tecnico che nella stagione precedente aveva guidato la Nocerina. Un sogno che si realizzava, per un ragazzo della “curva nuova” del vecchio Vestuti. I granata sarebbero dovuti ripartire dalla C1, dopo la mesta retrocessione targata Zeman/Varrella, e l’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano aveva scelto il condottiero per l’operazione riscatto, pur sperando (e sapendo?) che di lì a poco si sarebbe consumato il maxi-ripescaggio con annesso allargamento della serie B a 24 squadre.
Capuano era pronto, però sul più bello saltò tutto. Cambio di programma, colpo di scena. Il compianto ds Carmine Longo aveva individuato in Pioli il “profilo giusto” – espressione all’epoca non così di moda come ora – per la Salernitana che avrebbe dovuto raccogliere i cocci d’una stagione mortificante. Meglio il pacato Stefano che il (troppo) fumantino Eziolino, pensò l’esperto dirigente, un po’ lo stesso discorso fatto, 13 anni dopo, dall’Inter che ha preferito l’emiliano a Marcelino.
Taciturno, sobrio, però gran lavoratore e sicuro del fatto suo, l’ex Primavera del Chievo arrivò alla Salernitana in punta di piedi, incassò la riammissione tra i cadetti e si giocò bene la sua prima chance tra i “grandi”. Piacque molto ai tifosi granata, che finirono pure – non è cosa da tutti – per dedicargli un coro domenicale (una volta, ad Avellino, il canto fu stroncato dal gol di Kutuzov che ribaltò il derby, e da allora in avanti non venne più ripetuto). Il campionato fu onesto, apprezzabile e con qualche acuto: la vittoria sulla Fiorentina, la rimonta contro il Cagliari, il colpaccio di Palermo e il successo batticuore sul Toro con sassata su rigore di Bombardini. Al tramonto dell’inverno, Salerno cominciò a sognare. Ma durò poco. E così l’avventura di Pioli all’Arechi si concluse con una salvezza che non fece molta storia, però ch’è stata rivalutata di recente, parallelamente all’escalation del tecnico consacratosi in serie A – guarda caso – proprio con la Lazio del co-patron granata Lotito.
Ora l’ex debuttante con il cavalluccio marino sul petto è l’erede di De Boer (e prim’ancora Mancini), l’uomo chiamato a rilanciare la nuova Inter di cui, confessò nel 2003 davanti a un caffè, era sempre stato simpatizzante. Almeno a sentire il barista di Torrione, che avrebbe molto altro da raccontare. Solo ch’è mattinata a stelle e strisce, tutti pensano solo a Trump che ha sconfitto Hillary (compreso chi confonde la Clinton con la moglie di Totti) e nessuno gli dà retta. Peccato. L’amarcord del Pioli granata era interessante…