«Non ho vinto io. Ma ha vinto il popolo. L’Italia, specie al Sud, ha respinto con fermezza una riforma sbagliata». La notte dello spoglio Piergiorgio Sagristani l’ha passata seguendo la tv. Quando ha capito che la riforma del governo Renzi era stata bocciata a quel punto sul suo volto è affiorato un sorriso. Lui, il sindaco di Sant’Agnello, l’unico in penisola sorrentina ad essersi schierato per il No, ha battuto tutti gli altri colleghi che avevano sposato il Sì. Tanto da celebrare come un evento la visita del governatore Vincenzo De Luca che, per tutta risposta, ha promesso 300 milioni di euro ai Comuni.
Essere l’unico sindaco ad aver visto giusto la rende più forte in penisola sorrentina?
«No, ho solamente dimostrato che stando tra la gente, vivendo il territorio, capisco cosa vuole e cosa esige il popolo. Non si possono barattare i propri ideali alle promesse. Se un sindaco si piega a questa logica cosa dovrebbe fare un cittadino a margine delle elezioni? E cosa potrebbe chiedere per un voto? Ecco. Io non sono scollato dalla realtà».
Si riferisce pure al dibattito di Villa Fondi in cui De Luca ha annunciato 300 milioni per la penisola?
«I sindaci devono lasciare i propri castelli caldi e gettarsi nella mischia delle esigenze della gente. E’ questo il messaggio che arriva dalle urne. Qualcuno nei confronti di De Luca si è prostrato. Parliamo pur sempre di un governatore che per dovere deve amministrare l’intero territorio regionale. Altri invece si sono esposti per esigenze di partito».
Scusi ma anche lei ha accolto De Luca alla vigilia del referendum incontrandolo sia alla cerimonia Terna di Sorrento sia durante la visita del governatore all’ospedale di Sorrento…
«Ma non ho preso parte ad alcuna iniziativa-spot per il Sì né ho votato Sì dopo la promessa dei 300 milioni fatta dal presidente a Villa Fondi. A quell’incontro pro-riforma non ho partecipato per coerenza tant’è che sono andato alla cerimonia per la Virgo Fidelis».
I sindaci hanno votato Sì perché hanno creduto a De Luca?
«Non credo molto alle promesse. La logica dell’annuncio è pericolosa. L’annuncite è una malattia: per curarla noi sindaci dobbiamo usare un farmaco che si chiama lavoro. La dinamica del “do ut des”, cioè di chi dà qualcosa a un altro per ottenere qualcosa in cambio, è sbagliata».
E’ voto di scambio?
«Dico che per un’amministrazione regionale investire in penisola è un atto dovuto. Non è un piacere da ricevere o chiedere. Se ci sono finanziamenti devono essere elargiti sul territorio indipendentemente dall’attinenza con un appuntamento elettorale. Noi sindaci dobbiamo essere più sobri. E poi, non voglio sbagliarmi, di quei 300 milioni molti sono ancora ipotesi».
Pd ko al referendum. Il suo No. L’ipotesi di voto anticipato. Il suo collega Pd di Meta Giuseppe Tito, prima di tutto ciò, disse che lei sarà, se lo vorrà, candidato alla Camera col centrosinistra. Ma ora è cambiato qualcosa?
«Siamo un territorio fondamentale sotto il profilo elettorale. Ma penso che non si andrà presto alle urne per il nuovo Parlamento. Ah, sia chiaro: sono sindaco di Sant’Agnello, finora non ci sono ipotesi per le quali possa non ricandidarmi a sindaco. Penso ad amministrare la mia città al meglio. Ovviamente, lo dico da medico, senza avere l’annuncite…».