«Io? Sto qui da sempre. Non me lo ricordo più. Ma voglio rimanere qui finché muoio». Risponde placida mentre se ne sta seduta a godersi i raggi del sole Isabella Pezzella, vedova e madre di 5 figli, ha quasi 90 anni ed è la memoria storica degli inquilini del civico 7 di via Bernardo Tanucci. Insieme ad un centinaio di famiglie anche lei vive sui tetti dell’ex Albergo dei Poveri. Un lungo alveare umano che si divide in tre corridoi tra piante, stenditoi per i panni e gatti che fanno compagnia agli anziani come Isabella. Nuclei familiari che sono affittuari del Comune di Napoli ma che, di fatto, è come se non esistessero. Nessuno di loro infatti ha mai registrato la sua firma con un regolare contratto di locazione. Eppure ogni mese dagli uffici del Servizio Patrimonio di Palazzo San Giacomo arrivano, puntuali come un orologio, i bollettini di pagamento. «Vanno dai 50 ai 170-180 euro – spiega Antonio, uno dei condomini – io stesso ho avuto negli ultimi anni un considerevole aumento, ma senza nessuna comunicazione del Comune in cui si spiegava la motivazione. Il paradosso qual è? Che circa cento famiglie abitano da decenni in alloggi che noi stessi abbiamo reso abitabili». Infiltrazioni alle pareti, ai pavimenti, ai soffitti sono la causa principale per chi si è ammalato con gli anni alle vie respiratorie. I pavimenti, come quelli nella casa di nonna Isabella, scricchiolano e sono pieni di avvallamenti, come è facile constatare camminandoci. La luna scalinata che conduce al pianerottolo dove ci sono i mini appartamenti – ciascuno di circa 40 metri quadrati – è poco agevole per anziani e disabili, che sono così costretti a rimanere prigionieri tra le mura domestiche. Ma quel che è peggio è che, nonostante tutti gli inquilini paghino regolarmente il fitto all’amministrazione comunale, la manutenzione – che dovrebbe essere curata dalla Napoli servizi – è completamente assente. «Ce ne siamo sempre fatti carico noi. Finanche le cassette della posta le abbiamo installate a nostre spese. Lo stesso per i lavori di tinteggiatura sia all’interno della palazzina, dove c’erano buchi grossi come una casa sia lungo le scale che alle pareti, sia nelle abitazioni, dove c’è un’umidità elevatissima». Molte di quelle case oggi sono occupate dai figli o dai nipoti degli ex istitutori del Comune, che proprio nella palazzina attigua aveva la sede dei servizi sociali. E, in un passato ancor più lontano, quelle case che oggi gli inquilini si sono sistemate da soli erano adibite ad alcova per le prostitute. Oggi sui tetti di Palazzo Fuga resta la dignità di cento famiglie, che attendono ancora di essere regolarizzate da un Comune assente.
CRONACA
3 gennaio 2017
I “Fantasmi” a Palazzo Fuga: il Comune incassa il fitto da circa 100 famiglie senza contratto