Un destino segnato per l’industria conserviera, sparita completamente da Sant’Antonio Abate. Un settore penalizzato che in poco meno di 5 anni ha dovuto fare i conti con un territorio che non ha permesso uno sviluppo anche in termini di spazi e cominciando, inevitabilmente, a perdere pezzi. Delocalizzazioni e licenziamenti hanno impoverito il patrimonio industriale abatese, che si reggeva sulla produzione e la lavorazione del pomodoro: l’oro rosso. Da una produzione annuale si è poi cercato di sopravvivere con un processo stagionale. Poche commesse che sono ora pari a zero. E a subire la crisi anche il gruppo AR Alimentari. Confermati i 45 licenziamenti dei dipendenti in bilico da novembre scorso, ora si regge sulla produzione di scatole e tappi per le conserve. Ma dei pomodori non vi è più traccia. «Non è una situazione semplice. Si spera in una opportunità di produzione almeno stagionale – spiega Franco Fattoruso, rappresentante del sindacato Cisl agro-alimentari – La metà dei dipendenti sono ora a casa e i restanti sono impiegati tra amministrazione e produzione di scatole e tappi per le conserve. Si pensa anche a un accorpamento delle due aziende di Angri e Sant’Antonio Abate, ma è tutto in forse. Abbiamo “permesso” alle industrie conserviere di chiudere i battenti o di trasferirsi altrove. Un settore che doveva essere tutelato. Per sottrarsi a tale destino anche la Torrente di Sant’Antonio Abate è pronta a fare i bagagli e andare via. Idem per l’azienda Davia di Gragnano».
CRONACA
23 febbraio 2017
Sant’Antonio Abate. Il gruppo AR alimentari ridotto a una fabbrica di tappi