Torre del Greco. Già il giorno dell’arresto – a ottobre del 2016 – era stato spedito all’interno del padiglione di Poggioreale “riservato” ai detenuti per reati associativi: un vero e proprio trauma per chi in precedenza non aveva mai messo piede in carcere.
A 24 ore dal suicidio del trentottenne di via Libertà Italiana emergono i primi inquietanti retroscena sull’ennesimo suicidio registrato nella sovraffollata casa circondariale di Napoli: una casa circondariale in cui Vincenzo Panariello – alle spalle una sola condanna a dieci mesi di reclusione con il beneficio della pena sospesa – non era stato “accolto” propriamente con i guanti.
Anzi. Durante i vari colloqui con i familiari, l’uomo avrebbe in diverse occasioni manifestato la propria sofferenza per il “trattamento” ricevuto in cella: «Mi guardano male, sono convinti sia un collaboratore di giustizia: vengo sempre isolato – l’incubo confessato ai parenti – Ho paura, voglio andare via di qui».
Alla fine, la tragedia: approfittando di una distrazione dei detenuti con cui condivideva la nuova stanza, sempre all’interno dello stesso padiglione, si è legato un lenzuolo al collo e si è lasciato cadere dal soffitto del bagno.
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