Si salvi chi può. Ché le responsabilità della crisi profonda in cui è (ri)piombata della Salernitana son di molti, ma come sempre accade nel calcio, specie di questi tempi, con il mercato chiuso e le “rivoluzioni” bloccate, l’allenatore rischia d’esser l’unico a pagare. Fuori dagli equivoci, visto che nella stagione granata ce ne sono già troppi: il derby di domenica a Benevento sarà decisivo per il futuro di Alberto Bollini.
C’eravamo tanto amati
Il tecnico mantovano, scuderia Lazio e “lotitiano” di ferro, sembra aver infatti quasi esaurito il suo credito. Claudio Lotito, l’altro ieri sera, dopo il ko dell’Arechi contro la Spal, ce l’aveva con tutti ma con il trainer in testa. E la “rivolta” (forte, però al tempo stesso civile) esplosa a fine gara, dopo ch’era già cominciata e continuata prima e durante la partita, ha fatto il resto. Il patron ha tenuto a rapporto squadra e mister nel chiuso degli spogliatoi, tra quattro mura che non hanno orecchie, poi è stato costretto, su consiglio della sua scorta, a lasciare lo stadio con il nome da principe da un’uscita secondaria, evitando l’incrocio con la folla che scandiva cori ostili (anche) nei suoi confronti. Una circostanza che l’avrà seccato parecchio. Non tanto per la contestazione in sé, cui il multi-presidente ha fatto il callo in versione laziale, quanto piuttosto per la personalissima e ostinata consapevolezza, che non va via dalla testa di Lotito, d’aver allestito una squadra molto più forte di quel che racconti la (preoccupante) classifica attuale. Il patron aveva scelto Bollini per questo: voleva un “normalizzatore”, di sua massima fiducia, per ricomporre i cocci della gestione Sannino e portare la Salernitana in zona play-off o giù di lì. Il campo, invece, sin qui ha detto altro. Non solo. Il “magno” Claudio avrebbe, a voce alta, espresso perplessità – eufemismo per non dir altro – su alcune scelte dell’allenatore. Insomma, anche questo rapporto solido e all’apparenza intaccabile, cementato in tanti anni di lavoro insieme a Formello, pare scalfito, forse compromesso.
Solo al comando
Un piccolo ma significativo indizio: dopo il 90esimo del match perso con la Spal, Bollini ha risposto a precisa domanda: «Preparare in ritiro il derby di Benevento? Non servirebbe». Detto e non fatto. Poche ore dopo, nel primo pomeriggio di ieri, ecco la nota ufficiale sul sito di bandiera: granata in ritiro a Paestum sino alla gara del Vigorito. La spaccatura interna pare ormai evidente. E a poco stavolta serviranno smentite o precisazioni di rito, seppur legittime e scontate, come quella del tecnico stesso che ha “negato” il pasticcio della sostituzione “corretta” in corsa martedì sera, quando dopo una pioggia di fischi, per aver chiamato Joao Silva, ha cambiato idea facendo entrare invece Donnarumma, anziché il portoghese. «Non è successo proprio nulla, è stato solo un problema di comunicazione con il mio vice», ha detto Bollini. A sua volta in umanissima difficoltà nella gestione d’una situazione complessa, delicata, tesissima, accentuata dalla prima roboante contestazione dell’Arechi.
Pessimo risveglio
Ieri mattina, al Mary Rosy, il trainer lombardo avrebbe usato poche ma esplicite parole con i suoi calciatori, lasciando capire, ove mai ve ne fosse ancora bisogno, che nel Sannio ci si gioca tanto, forse tutto. A Pontecagnano, tra silenzi assordanti e volti cupi, s’è visto pure il ds Angelo Fabiani, altro bersaglio del malumore del pubblico. Il direttore sportivo, da qualche settimana, tiene un profilo più basso. Per qualcuno persino “defilato”. Non ha scelto lui Bollini, all’alba di dicembre, e pure questo potrebbe esser un tema alla base dell’ennesimo ribaltone che la Salernitana dell’era Lotito-Mezzaroma rischia di vivere. Domenica, a Benevento, sarà davvero derby da “si salvi chi può”….