Si cammina in silenzio mantenendo il sacro fuoco sempre acceso. Quello della fede, che riscalda il cuore e le coscienze. Quello della speranza, che dà forza alla Madonna che esce di notte per cercare il figlio catturato. Quello del giorno nuovo, che affiora all’alba nel buio della penitenza. C’è un cappuccio a coprire il volto di chi va avanti a passo lento mentre pensa ai peccati commessi, agli errori, a quello che si poteva fare e non si è fatto. Nel corteo sbucano soltanto centinaia di sguardi scolpiti nella storia, che fanno effetto e sembrano incutere anche un po’ di timore. Ma che battono la stanchezza, che vincono i social, le mode, le tendenze, i post polemici, gli aperitivi a suon di musica house. Sono le processioni della Settimana Santa, un rito unico che a Sorrento e dintorni si ripete così, da secoli, restando anche un appuntamento immancabile per i turisti appassionati che iniziano a riempire alberghi e bed and breakfast nel cuore della primavera.
I 20 cortei
Si esce in strada a partire da stanotte, da Vico Equense a Massa Lubrense passando per Piano di Sorrento, Meta, Sant’Agnello e ovviamente Sorrento. In tutto 20 cortei. Poi domani sera l’ultimo “giro”, a chiusura di celebrazioni spruzzate dalle emozioni della benedizione con il legno della croce in Cattedrale per schiudere i valori della Pasqua.
La leggenda popolare
A Sorrento la statua della Madonna viene portata con forza in cammino tra i vicoletti con la credenza popolare che vuole la Vergine disperata, in uscita a quell’ora perché è alla ricerca del figlio condannato a morte. Lo “troverà” soltanto la sera dopo quando gli incappucciati sfilano in nero, in un rito commovente, che tocca le corde più dure. Davanti c’è la statua lignea del Cristo morto con la Madonna che lo segue passo dopo passo, alle spalle, senza mai lasciarlo.
I segni e il Miserere
Incappucciati ovunque, bianchi e neri, solo viola a Vico Equense. Che portano lampioni, fiaccole, croci, incenso. E soprattutto i “martirì”, i segni della Passione di Cristo. Poi il coro del Miserere, che recita in un passaggio commovente il Salmo 50, quello di Davide, che nel lontano 1992, nella sua visita pastorale a Sorrento, Papa Giovanni Paolo II definì come «la più profonda meditazione sulla colpa e sulla grazia».
La storia
Nella vita ci sono cose che si possono capire solo se si marchiano sulla pelle, con rispetto e senso d’appartenenza. C’è una storia che fotografa al meglio queste radici. Anni fa uno dei partecipanti alle processioni rischiò di non prendere parte al corteo. Lavorava a Milano e per un imprevisto non riuscì a tornare a Piano di Sorrento in anticipo. Ovvero, entro la mattina del Giovedì Santo. Fu così che quel giorno uscì dall’ufficio alle 18 in punto e si mise in viaggio in auto lungo l’autostrada. Milano-Piano di Sorrento sola andata: sette ore percorse, 700 chilometri fatti tutti d’un fiato fino all’arrivo in chiesa per indossare saio e cappuccio.
L’atmosfera
Le processioni iniziano a spuntare già nel lontano 1500. In alcuni dipinti d’epoca vengono disegnati fedeli in corteo di notte, con lampade e lanterne vive per accendere la luce dinanzi a un cappuccio nero attorno al Sedil Dominova e all’angolo della Cattedrale di Sorrento. Ieri come oggi.