Anna è cresciuta ad ago e filo ed anche se soltanto oggi saprà se è tra i vincitori del Premio Manichino d’oro, dedicato ai giovani sarti campani, il suo riconoscimento più grande già lo ha avuto. “Finalmente mia nonna – racconta con l’emozione ‘cucita’ negli occhi – dopo aver sempre bocciato tutti i miei modelli, ha detto che ho realizzato un abito perfetto”. Un vestito color glicine ispirato alla peonia e alla primavera che sboccia. Appena 29 anni, Anna Borrelli discende da quattro generazioni di sarti. La sua bisnonna Anna Ricciardi ha dato vita ad uno degli atelier più importanti di Salerno.
Ieri insieme ad altri 16 ragazzi ha partecipato alla nona edizione del Concorso dell’Accademia nazionale dei Sartori realizzato in collaborazione con Confartigianato Imprese. La grande e fredda Sala delle Contrattazioni della Camera di Commercio a piazza Borsa si è riempita di tavoli da disegno, genio e passione. A riscaldarla i colori, il pizzo e i ricami degli abiti creati dai giovanissimi sarti campani. Le modelle hanno sfilato tra le colonne di marmo sotto l’occhio attento della giuria, presieduta da Raffaele Antonelli, delegato regionale dell’Accademia dei Sartori. Oggi la premiazione, ma per tutti, come racconta Giusy Cappiello, 28 anni di Meta, il traguardo più grande è già raggiunto.
“La possibilità – dice – di studiare per creare un abito con le mie mani da esporre nel negozio di famiglia, magari sognando un giorno di vederlo in una sfilata a Milano”. Sogni fatti di tulle, come quello che Giovanna e Nunzia Duraccio, di Portici, usavano per creare e vestire le loro bambole quand’erano piccole. “Mi mancavano tre esami alla laurea in Scienze dell’Educazione – racconta Giovanna, 34 anni la minore delle due sorelle – una strada che avevo intrapreso perché più concreta. Ho lasciato tutto per coltivare la mia passione da quand’ero bambina, disegnare e realizzare vestiti”. Il boom delle grandi catene d’abbigliamento, la disoccupazione e la crisi che spinge ad acquistare sempre di più abiti a basso costo di certo non rende le cose facili per chi investe il suo futuro su Made in Italy e qualità. “Non è facile – dice Giovanna – ma quando c’è un’occasione speciale tutti cercano qualità e originalità”.
Emozionato Paolo Iovino, 33 anni di Ottaviano tira fuori la sua creazione giocata sulle trasparenze in bianco e nero. “Non è semplice, nel Comune di San Giuseppe ci sono affermati sarti – dice – ma io disegno e cucio da quando ero piccolo, riuscirò a conquistare la mia clientela”. Tanto studio nelle scuole dove però come spiega Angela Esposito, componente della giuria “spesso alla teoria non si accompagna la pratica”.
Ecco allora l’importanza delle botteghe. “Il mestiere si impara sempre lì ecco perché bisogna trovare un modo per agevolare chi forma i ragazzi. Ad esempio non facendo pagare le tasse ai sarti che li tengono negli atelier e li formano, in fondo si tratta di una scuola a tutti gli effetti” dice il presidente Antonelli. Figlio d’arte, sua madre era sarta al teatro San Carlo “per farmi stare buono – racconta sorridendo – mi faceva cucire i bottoni”. E da allora non ha mai smesso. Così come Anna e gli altri continueranno a tenere in vita la grande trazione della sartoria campana che dopo 48 anni ha riportato a Napoli un riconoscimento importante come le Forbici d’Oro.