Portici. Sarebbe uscito dal carcere tra qualche settimana, dopo aver espiato una condanna a 9 anni di reclusione. E invece Ciro D’Alessio – pregiudicato di 52 anni di Portici – non tornerà più a casa. E’ morto la scorsa notte nel carcere di Secondigliano, stroncato da un arresto cardiaco. E’ morto in circostanze che i familiari definiscono «misteriose». Al punto che i parenti hanno nominato un perito di parte che assisterà all’autopsia sul corpo di D’Alessio. Obiettivo: sapere se in questi mesi è stato fatto tutto il possibile per evitare la morte del 52enne di Portici.
D’Alessio era in carcere dal 2008 perché coinvolto nel blitz “San Ciro”, l’inchiesta dell’Antimafia che azzerò la cosca fondata dal padrino Luigi Vollaro. Condannato in primo grado a 10 anni di carcere la pena fu ridotta a 9 anni in appello. Una condanna che D’Alessio avrebbe finito di scontare il 21 giugno del 2017, tra meno di un mese.
«Ho sentito mio fratello per l’ultima volta martedì scorso – le parole di Salvatore D’Alessio – Mi ha detto: “Sto bene non vi preoccupate”. Ha avuto dei problemi cardiaci in questi anni in carcere. Problemi che lo hanno costretto a sottoporsi ad accertamenti e cure mediche continue in tutti i penitenziari nei quali era recluso, da Lanciano a Bari. Recentemente è stato visitato anche all’ospedale “Monaldi” di Napoli ed è stato sottoposto ad una coronografia al “Loreto Mare”. I medici ci hanno detto che si sarebbe dovuto sottoporre a un intervento chirurgico per un by-pass coronarico. Ma al “Monaldi” non era possibile perché l’ospedale non era attrezzato per ospitare un detenuto».
Trasferito da circa 10 mesi al carcere di Secondigliano dopo un periodo di detenzione a Bari, da circa 2 anni D’Alessio avrebbe avuto quindi problemi cardiaci. Problemi che spinsero il responsabile del carcere di Lanciano ad allertare l’avvocato Giuseppe Perna per porre l’accento sulle condizioni di salute di D’Alessio.
«Abbiamo presentato un’istanza per ottenere gli arresti domiciliari quando Ciro si trovava a Bari – racconta il fratello del detenuto – volevamo che fosse libero di curarsi serenamente. Ma la richiesta non è stata accolta ed è rimasto in carcere dove è morto». Nei mesi scorsi D’Alessio si era sottoposto ad altre analisi. Analisi che avrebbero confermato – come ripetuto dai parenti – la necessità dell’intervento chirurgico a cuore aperto.
«Siamo venuti a sapere che mio fratello era morto dalla moglie del suo vicino di stanza – le parole di Salvatore D’Alessio – Poi abbiamo chiamato in carcere e ci hanno confermato la notizia. Non vogliamo attaccare nessuno, vogliamo solo sapere se è stato fatto tutto quello che si poteva fare per salvare mio fratello. Se in carcere è stato curato come doveva essere».
Dubbi che hanno spinto l’avvocato Perna a incontrare, ieri mattina, il direttore del carcere di Secondigliano prima di decidere per la nomina di un perito di parte chiamato ad assistere all’autopsia disposta dal pubblico ministero.
«Analizzeremo i dati dell’autopsia e studieremo nei dettagli la cartella clinica di D’Alessio – le parole di Giuseppe Perna – Vogliamo accertare con chiarezza le cause del decesso per poi valutare il da farsi».
L’esame autoptico verrà eseguito la prossima settimana ed entro giovedì la salma dell’uomo potrebbe essere liberata per i funerali.