Ercolano. Quando gli agenti della polizia di frontiera hanno controllato il suo documento a Ventimiglia, credevano di trovarsi di fronte un semplice pensionato in viaggio verso Roma. E invece erano faccia a faccia con uno dei più grandi narcotrafficanti della storia italiana. Un narcos di livello mondiale, capace – secondo gli inquirenti – di disegnare le rotte dello spaccio internazionale sull’asse Napoli-Palermo-Bogotà con la “benedizione” del capo dei capi di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano.
Lui si chiama Tommaso Iacomino, 70enne di Ercolano, fratello di Costantino, quest’ultimo boss pentito della camorra vesuviana e fondatore del clan che porta il suo nome. Tommaso Iacomino è stato arrestato, giovedì mattina, in Liguria. Era a bordo di un bus partito da Barcellona e diretto nella capitale. Una gita fuori porta “proibita” per il pensionato nato a “Resina”, il vecchio toponimo della città fino al 1969, quando poi cambiò il nome in Ercolano. Il re dei narcos, infatti, era sottoposto all’obbligo di dimora a Roma e all’obbligo di firma quotidiano.
Con sé Iacomino portava un documento falso che era intestato ad un altro pregiudicato di origini campane, probabilmente un suo “fedelissimo”. Gli agenti lo hanno fermato nei pressi della barriera autostradale dell’A10. Da qui il fotosegnalamento inviato alla banca dati e l’incredibile scoperta: quell’uomo con i capelli bianchi e gli occhiali spessi è uno dei criminali più famosi d’Italia.
Dopo aver militato nel clan retto da suo fratello Costantino, Iacomino ha spiccato il volo da Ercolano. Il pregiudicato – già negli anni ’90 – avrebbe, infatti, tessuto trame e accordi con i più importanti narcotrafficanti colombiani, peruviani e venezuelani. Per l’Antimafia Iacomino era l’uomo che trattava con i cartelli della droga di Bogotà, in Colombia, per rifornire di cocaina non solo l’Italia ma anche il Nord Europa. Il tutto per conto dei clan della camorra ma anche per i vertici di Cosa Nostra. Secondo la polizia colombiana che nel 2013 ha posto fine alla sua latitanza a Bogotà – fuga durata 5 anni – Iacomino era il vero braccio destro di Bernardo Provenzano, il capo dei capi della mafia siciliana morto in carcere nel 2016 dopo essere stato latitante per 43 anni.
L’Escobar vesuviano – definito dai poliziotti colombiani come un narcos leggendario – venne bloccato in Colombia in quanto destinatario di un ordine di cattura internazionale.
Iacomino avrebbe tentato, con il placet della mafia siciliana, di mettere anche le mani su Roma, stringendo un rapporto fittissimo con Juan Carlos Davila Bonilla, detto “El Gordo”, noto narcos del cartello di Bogotà. Il 70enne di Ercolano era ritenuto il mediatore delle rotte dello spaccio.
Rotte disegnate con il compasso e trasformate in realtà grazie a una rete fittissima di connivenze. Iacomino, infatti, avrebbe organizzato la realizzazione ad hoc di ditte di import-export. Ditte fittizie, ovviamente, che via mare trasportavano i carichi di droga utilizzando come “scalo” la Spagna e l’Olanda. Da qui gli stupefacenti sarebbero stati smistati in ogni angolo d’Europa e d’Italia.
Dopo il suo arresto a Bogotà, nel 2013, venne estradato in Italia, nel febbraio del 2015, e ristretto nel carcere romano di Rebibbia. Successivamente, per decorrenza dei termini, venne sottoposto all’obbligo di dimora in Roma. Dalla scorsa sera il re dei narcos vesuviani si trova nel carcere di Imperia.