Napoli. Saranno le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza del carcere di Pozzuoli a fare piena luce sull’aggressione shock a Marianna Fabozzi, la strega del Parco Verde di Caivano accusata di avere coperto gli abusi sessuali su Fortuna Loffredo – la bimba di sei anni, conosciuta come Chicca, volata giù dal balcone di un palazzo a giugno del 2014 – e sul figlio Antonio Giglio. A un anno dal linciaggio avvenuto all’interno della casa circondariale, sette detenute – capeggiate da Marianna Sannino di Torre del Greco, arrestata perché ritenuta organica a una holding dello spaccio all’ombra del Vesuvio – e una assistente capo della polizia penitenziaria sono comparse davanti al giudice per le udienze preliminari Maria Gabriella Pepe del tribunale di Napoli, chiamato a decidere sul rinvio a giudizio invocato dal pubblico ministero titolare dell’inchiesta.
La ricostruzione del raid
Proprio l’assistente capo della polizia penitenziaria – accusata di omissione in atti d’ufficio e abuso d’ufficio – ha provato a ricostruire davanti al gup cosa accadde agli inizi di maggio del 2016, quando Marianna Fabozzi varcò la soglia del carcere di Pozzuoli. La donna – come da protocollo – fu rinchiusa all’interno di una cella destinata alle “sex offenders”, a pochi passi dalle restanti detenute: una cella, in teoria, off limits per tutti. Ma qualcosa non andò per il verso giusto: la porta fu lasciata aperta e le detenute “comuni” si ritrovarono faccia a faccia con la strega del parco Verde di Caivano.
La frase incriminata
A garantire l’incolumità della donna ci doveva essere, appunto, proprio l’assistente capo della polizia penitenziaria poi finita sotto inchiesta. A cui le detenute accusate del linciaggio attribuirono – durante le prime fasi delle indagini – una frase sibillina, pronunciata proprio all’arrivo di Marianna Fabozzi: «Adesso fate vedere se siete donne o meno». Una frase dalla doppia chiave di lettura, interpretata dalle carcerate come un implicito invito a fare rispettare il codice d’onore secondo cui «i bambini non si toccano». E, guarda caso, il giorno successivo la cella delle “sex offenders” fu incredibilmente lasciata aperta. Quando scattò l’aggressione – fortunatamente senza gravi conseguenze per Marianna Fabozzi, come risulta dal certificato medico prodotto in aula – proprio l’assistente capo della polizia penitenziaria, secondo il racconto della donna al gup Maria Gabriella Pepe del tribunale di Napoli, si frappose tra Marianna Fabozzi e le restanti detenute per “salvare” la strega del parco Verde di Caivano. La vittima del raid fu inseguita dentro la sua cella e solo successivamente la “capo-popolo” e le restanti detenute furono allontanate.
I provvedimenti in carcere
Le “giustiziere” di Marianna Fabozzi furono sottoposte al regime di isolamento per 10 giorni, mentre l’assistente capo della polizia penitenziaria prima fu sospesa e successivamente trasferita in una diversa casa circondariale. Segnali inequivocabili di un “corto circuito” adesso finito sotto i riflettori della giustizia ordinaria.
Le immagini-verità
Il racconto dell’assistente capo della polizia penitenziaria non ha convinto il pubblico ministero pronto a invocare il processo per tutte le imputate. Il “verdetto” del gup del tribunale di Napoli è atteso per fine giugno, dopo le arringhe difensive dei legali di Marianna Sannino e delle “colleghe” di carcere. Decisive, ai fini del rinvio a giudizio, potrebbero risultare le immagini del sistema di videosorveglianza del carcere di Pozzuoli: gli occhi elettronici sistemati lungo il corridoio in cui avvenne l’aggressione shock hanno ripreso tutte le fasi del raid e potrebbero risultare determinanti per chiarire i ruoli delle sette detenute a rischio processo – nessuna identificata concretamente dall’agente di polizia penitenziaria – e della stessa incaricata alla sorveglianza e sicurezza della strega del parco Verde di Caivano.