Il delitto di via Roma è figlio della tensione che monta tra le file della criminalità disorganizzata di Torre Annunziata. Il vento delle nuove leve soffia sulle macerie dei vecchi clan, in parte piegati e ridotti alla miseria. Ed è proprio il proliferarsi di gang e baby-boss a rendere esplosiva una situazione complessa sulla quale le forze dell’ordine hanno ricominciato a studiare.
Le indagini sull’esecuzione di Alberto Musto, il 32enne massacrato nella notte tra domenica e lunedì in via Roma, si muovono in tutte le direzioni. Battono la strada dello spaccio della droga, considerando gli indizi corposi trovati a casa di Antonio Commesso, cognato della vittima e, secondo gli investigatori, miracolosamente scampato alla morte forse perché la vittima gli ha fatto da scudo. E battono anche quella che farebbe risalire il movente ad una lite scoppiata un’ora prima, tra le aiuole appena riseminate della villa comunale.
Al vaglio degli investigatori ci sono le immagini di videosorveglianza del Comune e quelle dei negozi lungo via Roma, e ci sarebbero già molti “frame” interessanti. Il lavoro più importante, per il momento, è mettere insieme riscontri, indizi e testimonianze raccolte e da raccogliere, con la certezza che i killer potrebbero ancora essere in zona, coperti dall’omertà dei rioni periferici. Anche ieri, per secondo giorno di fila, le pattuglie dei carabinieri e della polizia hanno controllato palmo a palmo i quartieri sensibili. A Torre, ma anche a Boscoreale e a Trecase.
Le indagini
Durante le perquisizioni effettuate all’interno dell’appartamento della vittima e di suo cognato Antonio Commesso (35 anni) sono emersi elementi importanti che farebbero pensare ad un prologo del massacro, o forse ad una prima spedizione di morte fallita. Tre bossoli dello stesso calibro di quelli usati per l’omicidio sono stati ritrovati all’interno di una cantina nella disponibilità dei due pregiudicati. Bossoli calibro 9×21, che secondo gli investigatori sarebbero stati esplosi poco tempo prima. Si tratta degli stessi proiettili usati dagli assassini che hanno ucciso Musto in via Roma. Un dettaglio importante che potrebbe chiarire molti dubbi
generati anche dalla ricostruzione fornita da Antonio Commesso, di fatto testimone del massacro.
Le prove raccolte sul luogo del delitto dai carabinieri della compagnia di Torre Annunziata (agli ordini del tenente colonnello Filippo Melchiorre) lasciano pensare ad un primo avvertimento lanciato ai due cognati finiti nel mirino dei killer. Una versione che di fatto cancella la prima ricostruzione dell’uomo sfuggito alla morte che aveva definito l’agguato «inspiegabile».
Il regolamento di conti
Una delle ipotesi è che la vittima e suo cognato avrebbero addirittura incontrato, o comunque incrociato, gli assassini di Musto prima dell’agguato. Una lite, le pistole tirate fuori dai jeans, le minacce, la fuga e l’organizzazione della vendetta atroce. I killer, molto probabilmente giovanissimi, avrebbero potuto anche agire d’impeto, hanno scaricano il caricatore contro la “Lancia Y” a bordo della quale erano i due bersagli.
Il movente
Come chiarito già poche ore dopo il delitto, l’agguato di via Roma potrebbe rientrare nella guerra per la gestione delle piazze di spaccio. Una situazione esplosiva che in ogni caso, sia il movente o meno, fa da sfondo ad una recrudescenza del fenomeno camorristico a Torre Annunziata. L’altra ipotesi che resta in piedi è una lite avvenuta qualche minuto prima nella zona della Villa Comunale. Una lite che avrebbe coinvolto anche altre persone. In questo caso, il massacro di Musto sarebbe da inserire in un regolamento di conti maturato secondo la logica senza regole dei baby-boss armati e spietati.