Il sindaco di Meta Giuseppe Tito non è “un soggetto socialmente pericoloso”. Lo stesso vale per il comandante dei vigili urbani Rocco Borrelli e gli imprenditori Antonino Staiano e Aniello Donnarumma. E non ci sono rischi di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Il fatto che ognuno degli indagati abbia conservato la propria carica o professione, a cominciare da Tito che non si è dimesso, “non costituisce elemento di per sé solo sufficiente” a far scattare provvedimenti. A dirlo è il Tribunale del Riesame di Napoli che venerdì ha rigettato l’appello della Procura della Repubblica di Torre Annunziata che invocava l’applicazione di misure cautelari – arresti domiciliari per Tito e Staiano e divieto di dimora per Borrelli e Donnarumma – per quattro degli otto indagati dell’inchiesta Tito-gate.
Le motivazioni
Le motivazioni del collegio E della decima sezione del Riesame sono chiare e rappresentano un verdetto positivo per Tito, Borrelli, Staiano e Donnarumma. Non vengono sollevate perplessità sul quadro indiziario del sostituto procuratore Silvio Pavia né si contestano le decisioni del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata Antonello Anzalone che ha negato arresti domiciliari e divieto di dimora. Come a dire: le ipotesi di reato reggono, ma non possono essere emesse misure cautelari. In tre pagine di ordinanza, oltre all’incensuratezza dei quattro indagati e alla cronologia dei fatti (alcuni datati 2012), il Riesame stabilisce che non è possibile contestare reiterazioni o inquinamenti probatori. Anche perché l’inchiesta è chiusa e al sostituto procuratore Pavia spetta soltanto il compito di richiedere eventualmente il rinvio a giudizio.
L’appalto di Natale
Non solo. Così come sancito dal gip Anzalone, secondo il Riesame non sta in piedi l’ipotesi di corruzione per l’appalto delle luminarie natalizie come invece attacca la Procura. In questa circostanza, vengono coinvolti Tito e Donnarumma, amministratore della società Tecno service di Santa Maria la Carità. Reggono invece le accuse di turbativa d’asta. Resta in piedi l’ipotesi di corruzione per Tito per ciò che concerne la gestione dei parcheggi comunali al molo di Meta col ruolo della cooperativa San Michele riconducibile a Staiano. Al centro delle indagini una tangente da 15mila euro versata dalla società all’attuale sindaco, nel 2012, all’epoca assessore al Corso pubblico.
L’eco dell’inchiesta
“Un significativo effetto deterrente – chiosano i giudici – è rappresentato dalla pendenza di un procedimento penale a carico degli indagati e dall’attenzione mostrata dagli inquirenti per la vicenda, anche con le richieste di misure cautelari oltre che con sequestri e perquisizioni, oltre che dalla risonanza che tali accadimenti hanno avuto nel piccolo contesto territoriale di Meta”.