Il resort “Il Sireneo” della Marina d’Aequa di Vico Equense resta ancora sotto sequestro. Sigilli confermati dalla Corte di Cassazione che ha respinto i ricorsi presentati dai proprietari. Si tratta di due nomi a dir poco eccellenti. Ovvero: il consigliere regionale di Forza Italia Flora Beneduce e il marito Armando De Rosa, già assessore regionale della Democrazia Cristiana negli anni Ottanta. Entrambi risultano indagati per lottizzazione abusiva.
Ricorso bocciato
Era il 20 settembre dell’anno scorso quando il relais “Il Sireneo” venne sequestrato dai carabinieri della compagnia di Sorrento diretti dal capitano Marco La Rovere e dal nucleo di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Coordinata dal sostituto procuratore Mariangela Magariello, l’inchiesta muove pesanti sospetti sulla legittimità della costruzione della struttura turistica che si estende su un’area di circa 12mila metri quadrati con vista mozzafiato sul golfo di Napoli. Si tratta di uno spicchio di penisola sorrentina a dir poco di pregio e molto tutelato. Qui gravano vincoli ambientali, archeologici e idrogeologici che rendono le accuse nei confronti di Beneduce e De Rosa ancora più dure. Solo qualche settimana prima del sequestro, ai due proprietari dell’immobile vennero sequestrate anche due piscine fuori terra situate nel loro fondo di Seiano. Già citati a giudizio dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Torre Annunziata dallo stesso sostituto procuratore Magariello per la trasformazione di un’ex casa colonica, nel 2015 i coniugi si videro annullare dal Tar della Campania la licenza in sanatoria concessa loro dal Comune di Vico Equense per la ricostruzione dell’ex ristorante Saracino. Fu accolto il ricorso di un vicino per il condono intestato alla società “Sireneo d’Aequa” con cui si intendeva mettere su una nuova location ristorativa a picco sul mare.
Le motivazioni
La Cassazione, nelle motivazioni, blinda l’operato della Procura, aderisce completamente all’ordinanza firmata dal gip Antonello Anzalone e conferma il decreto con cui il Tribunale del Riesame di Napoli – lo scorso autunno – già rigettò l’istanza di dissequestro. Un passaggio è ampiamente esaustivo: «L’ordinanza impugnata risulta ancora fondata su motivazione non censurabile – premettono i giudici della terza sezione penale, presidente Aldo Fiale, relatore Enrico Mengoni – In particolare è stato sottolineato che la progressiva realizzazione dell’intervento lottizzatorio – si ribadisce, sino al maggio 2016 – evidenzia il pericolo che la libera disponibilità dell’area in esame possa aggravare le conseguenze pregiudizievoli degli illeciti, fino al compimento di un insediamento turistico-residenziale completo ed attrezzato al quale i ricorrenti hanno evidentemente mostrato di tendere quantomeno nella fase cautelare; con ogni incidenza, peraltro, anche sul profilo paesaggistico e sulla progressiva lesione dello stesso, che verrebbe ulteriormente cagionata con l’esecuzione di nuove opere a completamento del contestato progetto lottizzatorio».