Ercolano. Sarebbe tornato in città dopo quasi 20 anni per salutare sua moglie un’ultima volta. Un viaggio triste, anche per un boss pluri-ergastolano. Ma il tribunale di sorveglianza del super-carcere di Sassari gli ha negato la possibilità di partecipare ai funerali. Il motivo: il padrino condannato in via definitiva al carcere a vita potrebbe scappare.
Protagonista della storia che unisce camorra, sentimenti e giurisprudenza è Giovanni Birra, il super boss di Ercolano che da circa 15 anni è sepolto vivo al regime del carcere duro. Martedì pomeriggio sua moglie, A. A. (incensurata e mai coinvolta in nessuna inchiesta) si è spenta per una grave malattia all’età di 51 anni. Il padrino, attraverso i suoi legali, aveva chiesto al tribunale la possibilità di tornare a casa per qualche ora, anche solo per assistere alla sepoltura della consorte. Ma i giudici – riconoscendo in Birra un soggetto molto pericoloso – hanno deciso di non concedere il via libera al boss di Ercolano.
I precedenti
Già nei mesi scorsi il capoclan – ritenuto il mandante di decine di omicidi commessi negli anni della faida di camorra – aveva avanzato diverse richieste al tribunale di sorveglianza per visitare i suoi familiari. Richieste sempre rigettate anche per il parere negativo espresso – sulla personalità di Giovanni Birra – dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che hanno istruito i processi che lo vedono imputato. Un boss potente e pericoloso Giovanni Birra, al punto da finire nella lista dei 90 mafiosi più pericolosi d’Italia stilata dalla Dda assieme al Dap. Un’etichetta che al padrino di corso Resina è costata anche il trasferimento al super carcere di Sassari, l’Alcatraz italiana.
Il personaggio
La decisione del tribunale di sorveglianza di Sassari – in linea con l’orientamento della giurisprudenza in materia di applicazione del 41bis – fa leva, in particolare, sulla personalità del boss di Ercolano. Giovanni Birra è stato condannato in via definitiva per associazione a delinquere di stampo mafioso, armi, droga e decine di omicidi. Negli anni della guerra di camorra – come raccontano le sentenze definitive a suo carico – Birra, noto negli ambienti criminali con il soprannome di ‘a mazza – avrebbe deliberato numerosi delitti assieme a Stefano Zeno, l’alto capo della cupola della camorra di Ercolano. Nei mesi scorsi, dopo anni di silenzio, Giovanni Birra – durante l’udienza di un processo che lo vede imputato per omicidio – ha apostrofato con parole durissime l’ex pubblico ministero della Dda, Pierpaolo Filippelli, oggi sostituto procuratore del tribunale di Torre Annunziata. Birra definì Filippelli – l’uomo che con le sue inchieste ha messo in ginocchio i clan di Ercolano – come un «genio del male». A certificare la pericolosità del boss, in questi anni, anche numerose sentenze emesse dalla Cassazione che, in virtù del ruolo apicale del padrino nella geografia del crimine organizzato, hanno negato a Birra la possibilità di vedersi revocata o mitigata la misura del carcere duro.