Due rapine a distanza di mesi che avevano fruttato oltre trecentomila euro. La filiale della Banca Popolare di Ancona era diventata una preda troppo facile per i rapinatori. E questo grazie alla complicità di un dipendente, che aveva fornito tutte le informazioni utili per garantire la riuscita dei raid. A smascherarlo sono stati i carabinieri della locale stazione, agli ordini del Maresciallo Massimo Serra. Grazie ad una meticolosa attività investigativa, i militari sono riusciti a raccogliere prove sufficienti tali che il Pm del Tribunale di Torre Annunziata ne ha chiesto il rinvio a giudizio.
Le accuse sono pesantissime: rapina in concorso, riciclaggio di denaro ed utilizzo indebito di strumenti di pagamento. Per quest’ultima accusa andranno a processo altre tre persone, tra cui un altro dipendente dell’agenzia di San Giuseppe Vesuviano.
Al momento, resta ignota l’identità dei due criminali che hanno compiuto materialmente i colpi. Il cassiere, invece, è stato licenziato in tronco dall’istituto di credito.
Le rapine
Sono due i colpi messo a segno nella filiale di via Papa Giovanni XXIII, ad una manciata di metri dalla centralissima piazza Pace. Il primo risale al luglio del 2013 ed aveva destato subito clamore. Un colpo da professionisti messo a segno da due malviventi, un uomo e una donna. Lui, con maschera in lattice e cappello alla Humphrey Bogart, giacca doppio petto e scarpe classiche, lei elegantissima con una parrucca in testa e occhialoni scuri. Sotto la minaccia di una pistola, avevano legato ad una sedia i dipendenti e con calma serafica avevano atteso l’apertura a tempo della cassaforte, trafugando circa 170 mila euro.
I Bonnie e Clyde del vesuviano ci riprovano dopo appena cinque mesi. E’ il 9 gennaio del 2014. La modalità è pressoché identica. La differenza la fa il travestimento: lui con baffi finti e occhiali da sole, abito scuro e cravatta, lei parrucca colorata, stivali di pelle e occhiali scuri per mascherare il viso. Armati di taglierino e di una siringa da pasticceria, rinchiudono il personale in uno sgabuzzino, immobilizzati con del nastro adesivo. Solo il cassiere viene trattenuto accanto alla cassaforte in attesa dell’apertura temporizzata. Anche questa volta, l’incasso trafugato è di oltre 160 mila euro.
Le indagini
Grazie ad una rigorosa attività investigativa, i militari sono riusciti a scoprire che era stato il cassiere a fornire ai rapinatori tutti i dettagli per la riuscita del colpo, come l’esatta ubicazione dei sistemi d’allarme e delle telecamere. Ma c’è dell’altro. Il 51enne aveva svolto anche operazioni bancarie e movimentazioni di somme di denaro attraverso conti correnti di ignari clienti. L’obiettivo era quello di riciclare il denaro provento delle rapine. Alle operazioni, hanno preso parte anche altri soggetti, tra cui un collega della filiale di San Giuseppe Vesuviano. Un piano perfetto, almeno sulla carta, visto che il cassiere non sapeva di essere indagato.
Il caso, tuttavia, non è ancora chiuso. I militari sono al lavoro per dare un volto e un nome ai “Bonnie e Clyde” del vesuviano, esecutori materiali delle rapine.