Il 9 novembre del 1989 la storia del mondo voltò drasticamente pagina con la caduta del Muro di Berlino. Molti ricordano centinaia di berlinesi ballare e festeggiare in cima del muro alla Porta di Brandeburgo quella sera, ma quello che è realmente accaduto, e ciò che realmente significava, sono meno chiari. Uno dei simboli della Guerra Fredda divise in due la città di Berlino per 28 anni, dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989. In realtà si trattava di due muri, separati da un massimo di 150 metri, e tra loro c’era la famigerata “striscia della morte”, con cani, torri di guardia, proiettori, allertatori, fossato anticarro e guardie armate con ordine di sparare per uccidere. Questo bordo di 155 km circondava la democratica e capitalista Berlino Ovest, separandola dalla comunista Berlino Est e dalla campagna circostante della Germania Orientale. Un’altra barriera, con più di un milione di mine, fu eretta lungo il confine di 1370 km circa tra Germania Est e Ovest. Tutto questo fu fatto per non fare uscire i tedeschi della Germania Est, non per tenere fuori gli altri. Tuttavia, più di 5.000 persone riuscirono a fuggire: nascondendosi in compartimenti segreti di auto guidate da persone provenienti da Occidente, volando oltre il muro in mongolfiere, viaggiando attraverso un tunnel berlinese scavato sotto il muro, nuotando attraverso canali o corsi d’acqua di Berlino, o semplicemente correndo. Centinaia, forse migliaia, di persone invece, sono state uccise mentre cercavano di fuggire; altri sono stati catturati e imprigionati. Ricercatori tedeschi stanno ancora indagando su quante persone esattamente sono morte alla frontiera.
M|CULT
9 novembre 2017
9 novembre 1989. Berlino, le prime picconate al muro