Il 25 novembre 2014 il capo dei capi, Totò Riina, compare alla sbarra per la strage del Rapido 904. E’ l’inizio di un processo che si concluderà il 14 aprile 2015 con l’assoluzione per mancanza di prove, ma che in realtà si porta con sè mille domande e tanti misteri. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli l’attentato si inserì in un disegno strategico ideato da Riina per far apparire l’attentato come un fatto politico e come risposta al maxi processo a Cosa Nostra. Già alla fine di aprile 2011 la Dda emise un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti del boss mafioso considerato dall’accusa il mandante dell’attentato compiuto domenica 23 dicembre 1984, nel fine settimana precedente le feste natalizie. Il treno era pieno di viaggiatori che ritornavano a casa o andavano in visita a parenti per le festività. Intorno alle 19:08 fu colpito da un’esplosione violentissima mentre percorreva la direttissima in direzione Nord, a circa otto chilometri all’interno del tunnel della Grande Galleria dell’Appennino (diciotto chilometri), in località Vernio, dove la ferrovia procede diritta e la velocità supera i 150 chilometri orari. La detonazione fu causata da una carica di esplosivo radiocomandata, posta su una griglia portabagagli del corridoio della nona carrozza di seconda classe, a centro convoglio: l’ordigno era stato collocato sul treno durante la sosta alla stazione di Firenze Santa Maria Novella. Le famiglie delle vittime della strage del treno 904 non hanno mai ottenuto nessun risarcimento. La decisione del Viminale è stata contestata dall’Associazione dei familiari perché «si pone in grave contraddizione con le sentenze di merito a carico degli imputati ». Con una direttiva del 22 aprile 2014, tutti i fascicoli non sono più coperti dal vincolo di segretezza.
M|CULT
25 novembre 2017
Rapido 904 Riina in aula come mandante