Aver commesso con “inescusabile negligenza” una “grave violazione” dei diritti di difesa e forse della stessa dignita’ di uno degli indagati dell’inchiesta Consip, l’ex consigliere di Palazzo Chigi Filippo Vannoni. E’ l’accusa da cui dovranno difendersi il 19 febbraio prossimo davanti alla Sezione disciplinare del Csm i pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano, titolari delle indagini sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione sino al trasferimento del filone principale a Roma. A carico di Woodcock, che sara’ difeso dall’ex procuratore di Torino Marcello Maddalena, c’e’ anche un’ altra contestazione: aver tenuto “un comportamento gravemente scorretto”, sia nei confronti del procuratore di Napoli, sia nei confronti dei pm della capitale per alcune dichiarazioni sull’inchiesta Consip riportate da un quotidiano. La procura generale della Cassazione, che sostiene l’accusa, contesta ai pm napoletani di aver “omesso l’immediata iscrizione” di Vannoni nel registro degli indagati, cosi’ come avevano fatto invece il 21 dicembre 2016 per il ministro dello Sport Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette e il comandante della Legione Toscana Emanuele Saltamacchia. Tutti loro, Vannoni compreso, erano stati chiamati in causa il giorno prima dall’allora amministratore della Consip Luigi Marroni come fonti della notizia riservata che c’era un’inchiesta in corso. Eppure il consigliere di Palazzo Chigi, all’indomani delle dichiarazioni di Marroni, venne sentito “come persona informata sui fatti, in assenza di difensore e con modalita’ tali da essere lamentate come non rispettose della sua dignita’ dallo stesso Vannoni”, quando sette mesi dopo venne interrogato dai pm romani. L’accusa che riguarda il solo Woodcock si riferisce ad un articolo pubblicato il 13 aprile scorso da Repubblica nel quale si riportavano frasi virgolettate che il pm avrebbe pronunciato parlando con alcuni colleghi. Erano giorni di polemiche accese, dopo la notizia che il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto era indagato per falso a Roma per aver attribuito ad Alfredo Romeo, l’imprenditore al centro dell’inchiesta, un’affermazione su un incontro con il padre di Matteo Renzi, Tiziano, in realta’ pronunciata da Italo Bocchino. Il quotidiano attribui’ a Woodcock l’opinione che quel falso doveva essere il frutto di un errore perche’ altrimenti solo un pazzo avrebbe potuto danneggiare cosi’ il proprio lavoro. La procura generale della Cassazione contesta al pm di non aver rispettato l’ invito a mantenere un assoluto riserbo con gli organi di informazione che gli era stato rivolto dall’allora procuratore reggente di Napoli Nunzio Fragliasso (che potrebbe essere chiamato a testimoniare davanti alla Sezione disciplinare), e di aver con quelle affermazioni pubblicamente “contraddetto e svalutato l’impostazione dei magistrati della capitale”.
CRONACA
10 gennaio 2018
Consip: il 19 febbraio il Csm processa Woodcock e Carrano