Assunzioni imposte in nome della camorra: imprenditore-vittima inchioda il ras del clan Cesarano. «Mi capita spesso di ricevere insulti o minacce se qualcuno non viene assunto nella mia azienda. C’è la crisi e la gente ha bisogno disperato di lavorare. Ma quella volta, no. Quella volta fu molto diverso». Si apre con queste parole il processo che vede imputati, con l’accusa di tentata estorsione, Agostino Cascone – operaio incensurato di Castellammare di Stabia – e Vincenzo D’Apice, pluripregiudicato 55enne ritenuto organico al clan Cesarano. La voce è quella dell’imprenditore-vittima, il super testimone chiamato ieri a parlare davanti ai giudici del tribunale di Torre Annunziata per raccontare cosa è accaduto il 5 giugno del 2017. Il giorno in cui – secondo l’accusa – D’Apice e Cascone sono entrati nella sede dell’azienda per imporre all’imprenditore l’assunzione di due persone.
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