Le hanno strappato un figlio, il bene più prezioso. Le hanno negato il diritto di essere mamma del piccolo Chicco (nome di fantasia), il dovere di accudirlo e di educarlo secondo i principi di rispetto, a partire da quello verso le donne. Quel rispetto che suo padre, però, non ha mai avuto per lei. Picchiata, insultata, offesa e malmenata in qualsiasi orario del giorno e della notte dall’uomo che amava ma che, sotto effetto di farmaci, la violentava. Per superare quelle violenze, anche lei aveva iniziato ad assumere farmaci. Tanti, troppi. Così da generare disturbi che inevitabilmente, nel tempo, hanno messo in discussione anche la sua forma psico fisica fino alla decisione del giudice del tribunale dei minori di cancellare la patria potestà a quella coppia di Torre Annunziata che ora dovrà comparire davanti al giudice del tribunale di Napoli. Una storia di degrado, uno spaccato terrificante che viene descritto nelle informative dei carabinieri come un «quadro familiare disastroso», un contesto nel quale a pagarne le conseguenze continua ad essere un bambino di appena nove anni. Un fascicolo che racconta otto anni di violenze, otto anni di denunce tra referti medici, relazioni degli assistenti sociali e verbali delle forze dell’ordine. Interrogatori nei quali la donna, dopo ogni violenza provava a nasconderle. Poi le segnalazioni e infine la decisione di toglierle i figli. La vicenda inizia ad agosto quando la donna viene ricoverata nell’ospedale Sant’Anna- Madonna della Neve di Boscotrecase con un ematoma al volto e numerose lesioni lungo tutto il corpo. Lascia il presidio sanitario con una prognosi di trenta giorni. Ma quello è solo l’ultimo degli episodi che la 40enne aveva subito. Disperata, racconta ai carabinieri tutto quello che per anni ha sopportato fino alla decisione di mettere la parola fine. Sia lei M.B. di 40 anni che il compagno G.G. di 41 anni avrebbero dovuto sottoporsi periodicamente ad una serie di accertamenti al Sert ma nel centro di via dei Mille non ci sono mai entrati. La donna e il marito avrebbero dovuto seguire un piano terapeutico deciso dal tribunale dei minori di Napoli, dai servizi sociali e dalla responsabile della comunità di Trecase, dove la donna era stata accolta. Il giudice aveva infatti deciso che gli incontri tra i due genitori con il piccolo si sarebbero dovuti tenere presso la comunità ma puntualmente ogni qualvolta la donna si presentava nel centro sul suo corpo erano presenti segni inequivocabili. Inutili e puerili le giustificazioni: «sono caduta da cavallo» oppure «ho fatto un incidente». Tutte scuse che non hanno convinto gli assistenti sociali e li hanno così obbligati a relazionare vietando anche le visite e gli incontri con il piccolo. Ma nonostante tutto l’uomo non si è arreso: ha continuato a minacciare la donna, persino a fare irruzione nella casa famiglia dove la sua compagna era ospite con l’incubo che avrebbe potuto portare via suo figlio. Una storia assurda che tra qualche giorno sarà ricostruita nell’aula del palazzo di giustizia napoletano nella prima udienza dibattimentale grazie alla tenacia del difensore della famiglia, l’avvocato Saverio Salierno. Un processo che riparte da zero. Provando a restituire la serenità a una donna vittima di violenze e al piccolo Chicco.
CRONACA, Torre Annunziata
25 aprile 2018
Torre Annunziata. Il papà è violento, la mamma omertosa: bimbo in affidamento