L’ultima giornata di campionato ha lasciato uno strascico di veleno che con lo sport c’entra ben poco. La delusione per i risultati della quart’ultima giornata di campionato che hanno decretato uno stop improvviso alle speranze scudetto del Napoli (e alle ambizioni Champions dell’Inter) è tracimata, purtroppo, in un sentimento diverso. Oscuro e molto pericoloso. Capace di sottrarre violentemente la serenità a una famiglia inconsapevolmente, ed incolpevolmente, protagonista di una vicenda disdicevole. Solo per un caso di omonimia. E per il tifo sportivo.
Questo è quello che è successo, a partire dalla tarda serata di sabato sera a Roberto Orsato, oggetto di una vera e propria aggressione (virtuale e non), a poche ore dal fischio di chiusura del posticipo giocato a San Siro tra Inter e Juventus. Motivo? La sua passione calcistica ed il cognome. Quindi partono prima gli insulti e poi le minacce da parte di pseudotifosi, napoletani ed interisti, che hanno letto la notizia, diffusasi in Rete, che Roberto era fratello di Orsato, il discusso arbitro del derby d’Italia. Minacce che hanno costretto il giovane a chiudere il suo profilo Facebook. Poi le telefonate con toni minacciosi arrivate, anche nelle ore notturne, all’attività che gestisce con tutta la famiglia a Recoaro in provincia di Vicenza e, in un crescendo di cieca follia, pure al numero dell’abitazione privata. E alcuni pseudotifosi “avversari” che si presentano nella struttura. L’assurdità di questa vicenda, oltre alla pretesa di processare una passione calcistica, risiede in due dettagli di certo non trascurabili. Ed offre anche un motivo per riflettere sulla stupidità di questi comportamenti.
Il primo: Roberto Orsato, tifoso della Juventus, non è il fratello di Daniele come invece sosteneva la clamorosa fake news apparsa in Rete e diventata virale già dalle prime ore di domenica mattina. Ripresa da diversi siti dedicati al mondo delle tifoserie, ma anche da quotidiani sportivi e non e scatenando, come da copione, la rabbia delle belve da tastiera. «Che poi qual è la colpa di fare il tifo per la Juventus?» sorride Roberto, raggiunto al telefono per una breve chiacchierata.
Il secondo: Roberto Orsato è in buona compagnia lì nel vicentino. Con radici saldamente piantate nel Meridione. Che non sono state mai rinnegate. Ha sposato una donna la cui famiglia è originaria di Agerola in provincia di Napoli. Un legame con la terra di origine che è molto solido.
«Ho un cognato interista e una cognata napoletana. Ho visto le partite insieme a loro» aggiunge divertito Roberto. «Amo Napoli, amo la Costiera Amalfitana e non vedo cosa c’entri il calcio con quello che è successo. Capisco la delusione dei tifosi, ma non vedo il nesso con le minacce, i commenti e le intimidazioni che abbiamo subito in questi giorni». Forse perché, semplicemente, un nesso non esiste. Ironia della sorte, e questo ovviamente vale in particolare per i sedicenti tifosi del Napoli, il proprietario di questa attività commerciale è proprio il suocero di Roberto. Napoletano doc e grande tifoso degli azzurri. La tensione vissuta in quelle ore (durante l’orario di lavoro per giunta) a causa dei messaggi e delle telefonate minatorie e offensive giunte ad ogni ora del giorno è stata grande. Il danno di immagine subito non solo dal privato cittadino, ma anche dell’attività pure. «Non è bello che accadano ancora queste cose per una partita di calcio » è l’amara riflessione finale. E per tutelare sé stesso e la sua famiglia da questo fiume di odio ingrossatosi sul web e sfociato poi nella vita quotidiana, Roberto ha deciso di dare mandato ai suoi legali per procedere per ottenere la rimozione dei post e degli articoli incriminati. E ristabilire la verità dei fatti.
Luigi Mannini