Nelle guerre di camorra non esistono regole o leggi d’onore. Tutti possono finire nel mirino dei killer. Per guadagnarsi un posto sulla lista nera dei condannati a morte basta solo un sospetto. E poco conta se la vittima designata è un ragazzino, un anziano oppure una donna. Se il boss ordina bisogna entrare in azione. La vita del camorrista è così: una scalata in fondo all’oblio tra il sangue dei morti ammazzati. Una vita che per decenni ha vissuto anche Michele Palumbo, ex killer del clan Gionta di Torre Annunziata. Uno degli assassini più precisi e feroci che sia mai passato dalle parti di Palazzo Fienga in questi ultimi anni. Oggi è un pentito Palumbo, ma nel periodo di piombo della guerra di camorra era un cecchino spietato e affidabile. Al punto da essere “stimato” anche dagli altri clan della zona. Uno che eseguiva gli ordini senza battere ciglio. Anche quando, in un giorno del 2007, un boss gli chiese di compiere un massacro che sarebbe entrato dritto nei libri di storia della camorra. «Devi uccidere due donne», la richiesta choc firmata da un capoclan dei Birra, cosca di Ercolano che all’epoca era alleata con i Gionta per mettere ko gli Ascione-Papale di Torre del Greco.
CRONACA, Torre Annunziata
9 luglio 2018
Torre Annunziata. La furia del sicario pentito: “Dovevo uccidere due donne”