Napoli – «La tragedia di Rebibbia è ovviamente un caso limite, provocato da un’instabilità psicologica evidente. Tuttavia quello dei bambini nelle carceri in Italia è un tema che va affrontato e superato tenendo come unico punto di riferimento uno e un solo interesse: la tutela dei bambini stessi».Samuele Ciambriello, garante dei detenuti della Campania, ha un sogno: che prima o poi per le donne detenute sia possibile contemporaneamente scontare la pena e crescere i propri figli in condizioni normali, o quasi.«Ci si può arrivare – spiega – grazie ad una evoluzione normale di una società che voglia definirsi civile non solo a parole, ma anche nei fatti concreti. Del resto, anni fa non esistevano gli asili nido nei penitenziari, oggi invece non solo è possibile per le mamme stare vicini ai propri bambini almeno fino al compimento dei tre anni di età, ma, grazie a una legge del 2011 (la n.62 del 2011, contenente Disposizioni in tema di detenute madri ndr)sono stati introdotti i cosiddetti Icam, gli Istituti a Custodia Attenuata per Madri detenute, in cui i bambini possono restare fino al sesto anno vicino alle genitrici. Il tutto sempre su base esclusivamente volontaria. Gli Icam in Italia sono pochi, e anche se assomigliano più ad asili che a prigioni, rappresentano pur sempre una limitazione della libertà per i bambini. Sono un’esperienza da comprendere ma anche da superare. Il mio sogno è che possa presto diventare realtà, anche in Campania, un altro istituto previsto dalla stessa legge del 2011, quello della case famiglia protette. Quanto meno nei casi di detenute, condannate a reati non gravissimi, servirebbero a tutelare non solo un diritto sacrosanto delle donne, quello alla maternità, ma soprattutto a fare in modo che i bambini non si trovino a scontare pene per colpe che non sono loro. Non è naturale, oltre che ingiusto, che crescano dietro le sbarre di una cella o che comunque subiscano limitazioni della libertà». Un tema delicato, soprattuttoin Italia, dove si incrocia inevitabilmente il problema del sovraffollamento delle carceri, per cui la Corte Europea dei diritti dell’uomo nel 2013, con la famosa sentenza Torreggiani, ha condannato il nostro Paese. E i risarcimenti economici continuano, ovviamente. «Pozzuoli – sottolinea Ciambriello – è il carcere femminilepiù affollato d’Europa: potrebbe ospitare un centinaio di detenute, ma ce ne sono quasi il doppio, 174. Purtroppo negli ultimi 15 anni in ambito carcerario non c’è stata alcuna emancipazione femminile, e il primo problema rimane il diritto negato non solo alla maternità,ma anche alla quotidianità genitoriale. Il solo fatto di costringere una mamma a scegliere tra rinunciare ad accudire il proprio bambino o a portarlo dietro le sbarre con sè, rappresenta una violenza inaudita. E, a mio avviso,costituisce anche un vulnus alla nostra Costituzione. Non a caso, quasi tutte rinunciano ai propri figli, perchè non vogliono costringerli a vivere dietro le sbarre, e soprattutto in condizioni di vivibilità che spesso vanno ben oltre la legge. Ma il problema generale è che in Italia ci si dimentica che il carcere è una delle pene previste dal nostro ordinamento, ma non l’unica. Spesso se ne fa un uso sproporzionato, e lo dimostrano anche i numeri, con ben 16mila casi, negli ultimi 15 anni, di risarcimento per ingiusta detenzione. Circa 400 solo tra Napoli e provincia, e c’è da considerare che non tutti coloro che avrebbero diritto chiedono il risarcimento».
CRONACA
21 settembre 2018
Bambini in carcere «Non devono pagare colpe non loro»