Torre del Greco. La revoca dell’appalto per la raccolta dei rifiuti al consorzio Gema – decisa al termine di un’apposita riunione di maggioranza tenuta a inizio settembre – rischia di scatenare la prima crisi politica a palazzo Baronale. Perché la decisione di cacciare tout court la ditta di igiene urbana con sede legale a Pagani, rinunciando all’ipotesi della «separazione consensuale» caldeggiata da diversi alleati, avrebbe scatenato non poche tensioni all’interno della squadra di governo cittadino. Con i «falchi» di palazzo Baronale pronti a agitare lo spettro della corte dei conti per accrescere il malcontento già serpeggiante a causa dell’inerzia del sindaco Giovanni Palomba. Accusato senza giri di parole di pensare solo a cerimonie religiose e manifestazioni pubbliche in cui sfoggiare la fascia tricolore, mettendo in secondo piano le iniziative concrete per il rilancio della città.
Le avvisaglie della crisi
Il primo campanello d’allarme era suonato a inizio agosto, quando il «camaleonte» Ciro Piccirillo – il capogruppo della civica La Svolta, già in passato spina nel fianco dell’ex sindaco Ciro Borriello – scomparve misteriosamente dal consiglio comunale al momento dell’approvazione della salvaguardia degli equilibri di bilancio. Poi il debuttante Simone Gramegna – delfino dell’ex consigliere comunale Salvatore Antifono, in passato finito al centro di varie inchieste giudiziarie – lasciò la lista Insieme per la città di Alfonso Ascione per passare proprio con La Svolta. Una mossa in parte imitata da Carmela Pomposo, oggi in forza al gruppo misto. Insomma, i primi malumori «evidenti» erano già scoppiati a neanche due mesi dal voto. Ma sotto traccia, intanto, la maggioranza si è spaccata in due opposti schieramenti. Da un lato, i fuoriusciti dalla precedente amministrazione comunale – capitanati da Pasquale Brancaccio e Luigi Caldarola – e sul versante opposto gli «orfani del centrosinistra» Vittorio Guarino, Gaetano Frulio – entrambi protagonisti della fallimentare esperienza targata Gennaro Malinconico – e l’avvocato Luisa Liguoro, alla prima esperienza a palazzo Baronale. In mezzo, a fare da «saltimbanco» tra i due gruppi, il presidente del consiglio comunale Felice Gaglione e la sua «partner elettorale» Iolanda Mennella: il funzionario dell’Asl Napoli 3 Sud – diventato riferimento del consigliere regionale Loredana Raia, considerata il «sindaco-ombra» di palazzo Baronale e sgradita agli ex fedelissimi di Ciro Borriello – avrebbe provato a ricucire gli strappi con gli alleati della passata amministrazione comunale, ma inutilmente. Anzi, l’atteggiamento «morbido» di Felice Gaglione sia nei confronti del sindaco sia nei confronti di alcuni super-dirigenti comunali avrebbe convinto qualche alleato a mettere mano al regolamento dell’ente di largo Plebiscito per introdurre la possibilità di sfiduciare il capo dell’assise. Non a caso, davanti alle fibrillazioni registrate all’interno della sua maggioranza, il sindaco si è deciso a scendere in campo in prima persona e a chiedere a qualche «dissidente» di non soffiare ulteriormente sul fuoco della polemiche.
La caccia ai rincalzi
Considerata la nota «affidabilità» dei suoi alleati – sperimentata indirettamente durante i tre anni di governo cittadino targato Ciro Borriello – il leader della carovana del buongoverno si è immediatamente messo alla caccia di potenziali «acquisti» dall’opposizione. Stretto il patto di «non belligeranza» con l’ex senatore Nello Formisano – il primo a salutare con soddisfazione la nomina di Pietro De Rosa come assessore all’ambiente – il mobiliere con la passione della politica avrebbe già sondato il terreno con l’ex vicesindaco Antonio Spierto e con il presidente della commissione trasparenza Mario Buono, inizialmente legato all’ex assessore Donato Capone. Insomma, tutto secondo (il solito) copione.