L’allarme, per l’ennesima volta, l’ha lanciato nei giorni scorsi il vescovo dell’arcidiocesi Sorrento-Castellammare di Stabia, monsignor Francesco Alfano: «La piaga del gioco, soprattutto in penisola sorrentina, sta rovinando tante famiglie». In effetti, al di là delle impressioni, sono proprio i numeri a confermare che c’è un’emergenza. Basta esaminare i dati con mente lucida: nei sei comuni della penisola sorrentina, annualmente, vengono spesi in media 66 milioni di euro. Sono soldi che arrivano da stipendi e pensioni e che vengono bruciati nelle slot machine sottraendoli ad esigenze diverse, quotidiane, sicuramente più importanti. Tipo mettere il piatto a tavola e sfamare i propri figli. Senza dimenticare un particolare non da poco: le amministrazioni comunali stanno cercando di intervenire su questa piaga lavorando all’approvazione di regolamenti ad hoc, magari fissando orari di spegnimento degli apparecchi e prevedendo distanze minime tra le macchinette e alcuni luoghi sensibili. Ma spesso le norme non entrano in vigore perché puntualmente finiscono al centro di convulse battaglie legali con alcuni gestori e associazioni del gioco che impugnano ordinanze e delibere.
Numeri choc
Le statistiche, riferibili al 2016, sono inquietanti. A guidare la classifica delle slot c’è Sorrento: vengono spesi 21,8 milioni di euro con una media pro capite pari a 1.315 euro e 186 apparecchi funzionanti. A seguire si impone Sant’Agnello: nonostante sia una cittadina molto piccola, è la seconda località della penisola per giocate alle slot. Il totale è di 15,88 milioni di euro con giocate pro capite addirittura di 1.736 euro. E gli apparecchi? Meno della metà di Sorrento: 83. Al terzo posto della graduatoria si piazza Piano di Sorrento: il volume di soldi gettati nelle slot è di 11,91 milioni di euro. La media pro capite va sotto i mille euro mentre le macchinette a disposizione dei giocatori nelle attività commerciali, specialmente quelle del centro, sono 86. La quarta località della penisola sorrentina è Vico Equense che, per assurdo, è la cittadina con la popolazione più alta (sfora i ventimila abitanti): qui si spendono ogni anno 7,96 milioni di euro alle slot con 108 apparecchi (quindi superiori a tutte le altre città limitrofe, eccetto Sorrento) e giocate pro capite che arrivano a 379 euro. Quindi scocca il turno di Massa Lubrense: 6 milioni di euro di spesa alle slot machine con 52 macchinette installate sul territorio comunale e una spesa pro capite di 420 euro. Fanalino di coda è Meta: 2,41 milioni di euro impiegati per le giocate, ogni persona in media spende annualmente 303 euro (il dato più basso di tutti) utilizzando i 23 apparecchi funzionanti.
I regolamenti
Al momento, i Comuni non sono così incisivi e in certi casi hanno le mani legate. A Vico Equense, mesi fa, i grillini (che non siedono in consiglio comunale) hanno proposto l’adozione di un regolamento ad hoc mentre l’amministrazione aveva detto di voler puntare su tagli e benefit a favore di quei locali che non ospitano slot. A Piano di Sorrento esiste un quadro normativo che è tuttora sub iudice visto che è impugnato al Tar da una società di giochi. Sorrento e Sant’Agnello non sono dotate di regolamenti aggiornati negli ultimi mesi. Stesso discorso per Massa Lubrense. Meta, invece, dispone di una serie di articoli che intervengono sulle distanze tra le macchinette, le scuole, le chiese e gli altri edifici pubblici. Eppure, i risultati non arrivano. E la gente continua a indebitarsi.
Salvatore Dare