Mi chiamo Giovanna Salvati, ho 36 anni e da 12 vivo questa “passione”. Nelle prossime ore sosterrò l’esame per diventare giornalista professionista e ho il cuore in gola per due motivi. Perché un esame mette sempre un pò di ansia, e perché ho abbracciato con passione la crociata del mio giornale. Siamo in trincea per la libertà, per dire che un giornalista non fa parte della casta. Noi raccontiamo realtà toste, città che hanno bisogno di fari puntati sul malaffare e sulla camorra. Niente di più, caro Di Maio. Ecco, questa sono io. E questo, un tempo, eri anche tu. Abbiamo iniziato insieme, seduti nello stesso stanzino a Somma Vesuviana insieme a un gruppo di amici. Sognavamo. Tu eri il webmaster di quella piccola redazione. L’otto marzo scorso ci siamo messaggiati: ti ho augurato di restare quello che eri, di non esaltarti dopo la vittoria, ti ho chiesto di ricordarti di quello stanzino, e di lasciar perdere l’idea di asfaltare la nostra professione. Mi rispondesti con un pollice in su e un occhiolino. E invece… Adesso non ho appelli da farti, vuoi cancellare i piccoli giornali come quelli in cui lavoro oggi, e non c’è verso di farti ragionare. Ti chiedo solo di svegliarti, di tornare quello che eri, di smetterla con questa stupida e inutile caccia alle streghe. Noi vogliamo solo raccontare la nostra terra, dare voce a chi l’ha persa o a chi non l’ha mai avuta. Senza di noi, molti la perderanno per sempre.
CRONACA, metropolis
30 ottobre 2018
Il diario dei cronisti di Metropolis: «Caro Luigi, un tempo sognavi insieme a noi»