La sussistenza dei presupposti, rappresentati da elementi certi e precisi, al fine della deduzione fiscale delle perdite su crediti è stata più volte oggetto di dubbie interpretazioni e di un considerevole contenzioso tra Amministrazione finanziaria e contribuente.
Il persistere di una negativa e prolungata congiuntura economica ha fortemente ampliato il numero di soggetti insolventi determinando nel Legislatore la necessità di intervenire sulla materia e modificando la disciplina che regolamenta la deducibilità delle perdite su crediti al fine di garantire parità di trattamento nei confronti di tutte le tipologie di imprese, indipendentemente dagli standard contabili adottati.
Tali costi rappresentano un componente negativo del reddito fiscale d’impresa se, alternativamente:
- risultano da elementi certi e precisi, ad eccezione di alcuni casi specifici come:
- per le perdite su crediti di importo modesto e la cui scadenza sia decorsa da almeno sei mesi
- nel caso sia prescritto il diritto alla riscossione;
La medesima deroga è riconosciuta alle imprese che adottano i principi contabili internazionali e a quelle che adottano gli Oic adopter, (art. 1, co. 160, lett. b), della Legge n. 147/2013) nell’ipotesi di cancellazione dei crediti iscritti in bilancio a causa di eventi estintivi, contemplata dai medesimi standard.
- il debitore è assoggettato a una procedura concorsuale ovvero ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (art. 182-bis della Legge Fallimentare).
Sussiste, inoltre, la possibilità di dedurre perdite su crediti se queste ultime sono di modesto importo e il termine per il pagamento del credito è scaduto da almeno sei mesi senza dimostrare il verificarsi degli elementi di certezza e precisione previsti, invece, in tutti gli altri casi.