Il contribuente che rinuncia a impugnare l’atto di accertamento o di liquidazione e a presentare istanza di accertamento con adesione ottiene la riduzione delle sanzioni a un terzo. Oltre all’accettazione del contenuto della pretesa fiscale, occorre però che gli importi dovuti (imposte, interessi e sanzioni ridotte) siano pagati entro il termine per la proposizione del ricorso.
Se l’atto di accertamento o liquidazione che si intende definire non è stato preceduto dall’invito al contraddittorio da accertamento con adesione, le sanzioni sono ridotte a un sesto (anziché a un terzo). La stessa riduzione a un sesto delle penalità si ha in relazione all’accettazione di atti di imposizione che non sono stati preceduti dai PVC definibili nella misura di un sesto del minimo.
Per confrontare gli effetti dell’istituto dell’acquiescenza rispetto agli altri strumenti deflativi disposti dal legislatore occorre ricordare che sussiste un’acquiescenza “ordinaria” e un’acquiescenza “rinforzata”.
L’acquiescenza ordinaria deve essere comparata all’istituto dell’accertamento con adesione mentre quella “rinforzata” deve essere confrontata con l’adesione ai PVC o agli inviti al contraddittorio.
E’ possibile aderire all’acquiescenza rinforzata solo se l’atto dell’Ufficio non è stato preceduto né da un PVC né da un invito al contraddittorio definibili con le agevolazioni sopra evidenziate.
L’acquiescenza si perfeziona mediante comportamento concludente dell’obbligato, il quale provvede al versamento delle somme con il modello F24 o F23.
Le somme dovute per l’acquiescenza possono essere versate anche ratealmente, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo ovvero di dodici rate trimestrali di pari importo, se superano euro 51.645,69.