SCAFATI – Una statuetta per uccidere Mohammed Azzam. Sarebbe questo l’oggetto usato dalle persone che, lunedì scorso, hanno ridotto in fin di vita il 38enne marocchino residente a Scafati, deceduto poi giovedì mattina per le gravi ferite riportate in un letto dell’ospedale “Umberto I” di Nocera Inferiore. I due fori ritrovati sulla testa dell’ex macellaio, infatti, non lascerebbero dubbi sul corpo contundente usato per seviziare lo straniero incensurato. Il resto è stato fatto con un banale coltello da cucina, con cui Azzam è stato colpito ben due volte all’altezza del torace. Poi, con i piedi legati attraverso una corda di canapa è stato lasciato a terra nella sua camera da letto riverso in una pozza di sangue, prima di essere ritrovato nella serata di martedì dai vicini di casa del cortile Fienga. Questa la parziale ricostruzione che ieri gli inquirenti hanno effettuato per cercare di fare chiarezza sull’assassinio di San Pietro. Una scena del crimine che ha indotto a pensare i carabinieri del Reparto territoriale di Nocera Inferiore, coordinati dal maggiore Enrico Calandro, che Azzam conosceva chi lo ha pestato a sangue e probabilmente ci ha anche parlato prima di essere torturato. Una tesi questa avvalorata anche dalla porta dell’appartamento del Cortile Fienga, che non presentava nessun segno di effrazione come inizialmente spiegato dai vicini di casa che poi hanno lanciato l’allarme.
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